“Piccoli equivoci senza importanza” di Antonio Tabucchi

È recente l’uscita, nei Meridiani Mondadori, delle Opere di Antonio Tabucchi: oltre tremila pagine (che contengono anche l’inedito Lettere di Capitano Nemo) per ripercorrere l’attività letteraria dello scrittore toscano – amato in tutto il mondo – che ha saputo raccontare il tempo, la morte e la militanza civile. Questa prestigiosa pubblicazione ha fornito il pretesto per recuperare Piccoli equivoci senza importanza, raccolta di racconti del 1985 che contiene molti dei nuclei ricorrenti della sua vicenda letteraria: su tutti, la tensione ad indagare gli equivoci, l’attrazione irresistibile verso ciò che appare fuori sesto, le atmosfere notturne che liberano presenze incorporee e sinistri sentimenti, l’incombere dei fantasmi dal passato e il loro ricordarci che è il caso a governare l’esistente. Sono racconti i cui protagonisti combattono con ciò che li ha preceduti, nel rammarico per ciascuna scelta che abbia invertito il senso della vita, o per l’incapacità di «riempire i vuoti fra le cose» senza ricorrere al sogno e all’indagine sulle proprie e altrui ossessioni. Non vi è tempo presente, bensì personaggi cristallizzati in un tempo sospeso, colti nel momento in cui tentano di decifrare ora la morte col suo nauseante odore di fiori, ora il misterioso combinarsi degli elementi di un rebus cui fa da sfondo una gara d’automobili d’epoca, ora l’asfittica atmosfera di un soggiorno estivo al mare in cui ogni dettaglio ha il colore e il retrogusto della tragedia. Ai lettori il compito di smarrirsi per le città e i paesi descritti da Tabucchi senza perdere nulla degli incantesimi e del disegno che lega il vuoto tra le cose – come Tonino, protagonista del racconto che alla raccolta dà il titolo, che assiste al dipanarsi della vita senza proferire parola ma attento, piuttosto, a «non calpestare gli interstizi del lastricato, come quando ero bambino e con un ingenuo rituale provavo a regolare sulla simmetria delle pietre la mia infantile decifrazione del mondo ancora senza scansione e senza misura».

Diana A. Politano 

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