Omicidio Cairo, trovati resti ossei nel pozzo indicato dal presunto assassino: potrebbero essere quelli dell’imprenditore ucciso 23 anni fa

Potrebbero essere di Salvatore Cairo, il 36enne imprenditore brindisino ucciso il 6 maggio 2000, i frammenti ossei rivenuti nel pozzo di un casolare di campagna nella zona industriale di Brindisi, dove dal mattino era in corso un’ispezione della Corte d’Assise disposta nell’udienza del 12 dicembre scorso.

Sino al primo pomeriggio, la ricerca dei vigili del fuoco all’interno del pozzo non aveva dato alcun esito, ma dopo qualche ora, sul fondo asciutto, sono stati trovati frammenti di ossa: si parla di costole e parte del bacino. Trovate anche delle scarpe. Era stato il 57enne Enrico Morleo – accusato di essere l’autore materiale dell’omicidio non solo di Cairo ma anche di Sergio Spada, un altro imprenditore ucciso nel 2001 – ad indicare in udienza il luogo in cui avrebbe bruciato il corpo di Cairo, per poi gettarlo nel pozzo. E’ evidente che bisognerà eseguire il test del dna per capire intanto se si tratti di resti umani e poi stabilire se effettivamente appartengano a Cairo. Enrico Morleo, secondo l’accusa, avrebbe ucciso sia Cairo che Spada, imprenditori operanti nel settore dei casalinghi, su indicazione del fratello Cosimo – imputato nello stesso processo – che voleva liberarsi di due concorrenti nello stesso settore.

Ad accompagnare sui luoghi la Corte d’assise ed il Pm della DDA di Lecce Milto De Nozza, è stato proprio Enrico Morleo. Prima un passaggio nella sede dell’ex azienda Mc Europe, dove ha raccontato di aver trovato Cairo già morto e di essersi sbarazzato del cadavere, per timore di essere accusato di un omicidio che sostiene di non aver commesso. Avrebbe fatto a pezzi  il corpo con una motosega, messo in un bidone, caricato su un’ape e trasportato in campagna. Qui lo avrebbe bruciato e gettato nel pozzo.

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