BRINDISI – Nonostante gli sforzi fatti nel tempo per propugnare la parità dei sessi e le continue campagne sul delicato e purtroppo sempre attuale tema della violenza sulle donne, i casi di femminicidio non si si arrestato e quest’ultimo è un termine ormai tristemente entrato nella quotidianità.

Inoltre, anche se il ruolo della donna nella società moderna di oggi è riconosciuto ed apprezzato, i casi di violenza sessuale, di aperta molestia, i maltrattamenti, gli atti persecutori non diminuiscono e non accennano ad essere banditi e spesso sono anche oggetto di una sorta di giustificazione, soprattutto quando avvengono tra le mura domestiche, che rende difficoltoso addirittura riuscire a scoprire i casi che giornalmente si consumano.

Le denunce non sono mai tantissime e ciò per i motivi più svariati: il terrore delle vittime di una ritorsione, preoccupazione di sciogliere un vincolo familiare o relazionale cui si tiene particolarmente nonostante le umiliazioni e vessazioni, timore di perdere i figli e tanto altro. L’assenza di qualificate notizie di reato rende quello della violenza sulle donne un dato incompleto, spesso fuorviante e genera un rilevante “dark number” risultante, per l’appunto, dalla sproporzione tra dato reale del fenomeno ed episodi riportati alle Forze di Polizia ed alle Autorità Giudiziarie.

In questo settore tanto fanno però le unità specializzate della Polizia di Stato che, attraverso operatori qualificati e dotati di particolare sensibilità ed esperienza nel settore, riescono ad affrontare difficili percorsi investigativi fatti di delicati approcci con le vittime che, solo se accolte in un ambiente favorevole, riescono ad aprirsi ed a fornire quei dettagli che, seppur sgradevoli e dolorosi per le stesse interessate, risultano di assoluta rilevanza per le indagini e per la cristallizzazione di quel quadro probatorio assolutamente necessario per determinare un intervento, investigativo e giudiziario, che possa garantire al meglio le persone offese dalla tipologia di reati in argomento.

La Squadra Mobile di Brindisi, attraverso gli investigatori della Sezione Reati Contro la Persona, specializzata nei casi di violenza di genere, ha trattato, di recente, due differenti situazioni: una di maltrattamento e reiterate lesioni provocate da un uomo alla propria convivente ed un’altra di violenza sessuale ai danni di una giovane donna.

Gli esiti delle condotte indagini e la piena condivisione da parte dell’Autorità Giudiziaria inquirente (la Procura della repubblica presso il Tribunale di Brindisi) di quanto cristallizzato dagli investigatori hanno permesso a quest’ultima di richiedere ed ottenere misure di natura cautelare utili a scongiurare reiterazioni del reato e a dare una certa ed immediata serenità alle vittime.

In particolare, proprio nella giornata di ieri, il personale della Sezione Reati Contro la Persona della Squadra Mobile brindisina ha rintracciato il soggetto, un 41enne di origini baresi, ma domiciliato qui in città, che, fino al novembre del 2016, aveva posto in essere una serie di reiterati comportamenti violenti e vessatori nei confronti della convivente, provocandole in vari occasioni anche lesioni con conseguente ricorso ai sanitari.

La documentazione e la ricostruzione della sequela di eventi da parte degli operatori della Squadra Mobile ha delineato il ricorrere dell’ipotesi aggravata dei maltrattamenti, reato connotato dall’abitualità delle diverse condotte poste in essere dall’autore dei fatti, con conseguente immediato interessamento della Procura della Repubblica a interrompere tali comportamenti attraverso una tempestiva richiesta formulata al Giudice Per le Indagini Preliminari dell’emissione della misura coercitiva, nei confronti del presunto reo, del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, mantenendo una distanza di almeno 500 metri dalla stessa e dall’abitazione di quest’ultima, con divieto assoluto di comunicare con la predetta anche in forma scritta, a mezzo del telefono e della rete internet.

Il divieto di avvicinamento alla vittima ed ai luoghi dalla medesima frequentati è una misura cautelare personale, coercitiva e obbligatoria, prevista e disciplinata dall’art. 282-ter del codice di procedura penale. Si tratta di una misura di recente introduzione nel nostro ordinamento (febbraio 2009) che tende ad assicurare alla vittima una tutela tangibile ed immediata da possibili persecuzioni e ritorsioni da parte dell’autore dei reati. Del resto, ove il reo dovesse violare tali divieti ed obblighi, debitamente segnalati all’Autorità Giudiziaria, potrebbe essere passibile di più grave e restrittiva misura cautelare personale.

Il secondo caso, che ha comportato l’esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, è quello di un 70enne della provincia di Brindisi che, nell’agosto 2015, ha compiuto atti sessuali con una giovane donna la quale, oltre a rifiutare espressamente il consenso a tali pratiche ed atti, risulta affetta da una patologia che la pone in una condizione di particolare vulnerabilità rispetto a chi volesse approfittarsi di lei.

Le azioni dell’uomo, cristallizzate dalle indagini della Sezione Reati Contro la Persona della Squadra Mobile, sono state sottoposte al vaglio della locale Procura della Repubblica che, condividendo il quadro assunto dagli investigatori, ha richiesto ed ottenuto dal competente Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, la misura cautelare degli arresti domiciliari a carico dell’indagato. Misura che è stata eseguita nel pomeriggio di ieri 10.02.2017.

Lo stesso Capo della Polizia, in una sua recente direttiva, ha sensibilizzato tutte le articolazioni della Polizia di Stato a porre una maggiore attenzione a tutti quegli indicatori che possono rivelare comportamenti di natura violenta e vessatoria nei confronti di quelle categorie di soggetti rientranti nelle ccdd. fasce deboli proprio per la particolare vulnerabilità che le contraddistingue.

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