«Ma ccè à ccàppatu all’uecchiu..??» (ma cosa ti è successo all’occhio..??). «Non lo so, mi hanno diagnosticato un CALAZIO»  «sapi ccè à vištu,quiddu rasciùlu eti» (Chissà cosa hai visto, quello è un orzaiolo!).

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Si usa dire così, quando si manifesta improvvisamente questo sintomo fastidioso ad una delle palpebre dell’occhio. L’orzaiolo, dal latino “hordeulus”: orzo, per la somiglianza con il grano d’orzo, è un’infiammazione che, a seconda delle ghiandole che colpisce, si può formare sia all’esterno che all’interno delle palpebre. Generalmente è causato da un’infezione batterica. Si presenta con il rigonfiamento della palpebra, spesso accompagnato da dolore e si ha la sensazione di avere un corpo estraneo nell’occhio.

Normalmente scompare nel giro di 3 o 4 giorni. Lu rasciulu veni a ci faci na vita ”di corsa”, mangiando in fretta e male, toccandosi gli occhi cu li mani mbucati e si ritrova il sistema immunitario a terra per il poco riposo. Nella società contadina si riteneva che l’orzaiolo venisse alle persone che rifiutavano di offrire cibo a donne incinte. La cosa sorprendente è che una ricerca effettuata dalla British Medical Association, sostiene che l’orzaiolo colpisce proprio individui che vivono con donne incinte (la causa sarebbe attribuita allo stress psicofisico).  C’è invece chi sostiene che l’orzaiolo è una sorta di malocchio che ti viene fatto da qualcuno che è invidioso di una cosa che ti appartiene. Oltre ai farmaci specifici, non so quanto possa essere risolutiva la medicina popolare che i nostri nonni mettevano in pratica con “successo”.

Si ticia ca:

«sobbra allu rasciulu si mittià li fugghiazzi ti li nuci»  (si mettevano le foglie fresche delle noci).

«ca si uardava cu lu uecchiu malatu ‘ntra na buttiglia ti uegghiu» (che si guardava con l’occhio malato, dentro una bottiglia di olio). Questo rimedio sembrava essere utile a ridurre la consistenza dell’orzaiolo.

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«si friculàva lu rasciùlu cu l’anieddu ti oru pi tre voti». (si sfregava l’orzaiolo con l’anello di oro per tre volte),recitando questa formula magica:«rasciùlu, rasciùlu, passa ti lu uecchi e vani a llu culu».

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Massimo Galantucci

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