CASCACALENDA – Dopo “La Verità, vi prego, sull’Amore, spettacolo che ha dato il via alla rassegna il 12 dicembre scorso nella chiesa di San Giovanni al Sepolcro, a Brindisi, il TeatroDellePietre è andato in scena a Casacalenda, (CB) nell’Eremo di Sant’ Onofrio, con il reading teatrale “Le 7 Opere di Misericordia”, scritto da Frate Carlo Roberto e ispirato all’omonimo quadro realizzato da Michelangelo tra la fine del 1606 e l’inizio del 1607, opera commissionata dalla Congregazione del Pio Monte di Pietà di Napoli, che comprendeva tra i suoi aderenti anche Luigi Carafa-Colonna, appartenente alla famiglia che protesse la fuga di Caravaggio da Roma.

L’idea di questa lettura scenica è stata quella di mettere a confronto due personaggi – Michelangelo e Padre Vincenzo – interpretati da un attore e un frate, in un dialogo in cui i dubbi, le paure e le colpe dell’uomo vengono analizzate e ragionate con l’ausilio della fede e della spiritualità.

La rassegna teatrale “Voce, Luci & Ombre” giunta alla seconda edizione, anche quest’anno è sostenuta da Enel, col patrocinio dell’Arcidiocesi di Brindisi. I luoghi sacri scelti per ospitare le cinque performances sono suggestivi e ben si adattano agli argomenti trattati. Il tema di quest’anno infatti è il “viaggio interiore” alla ricerca di se stessi. Da qui la necessità di disporre di “mappe emotive” – titolo dato alla rassegna per alla sua seconda edizione – per districarsi nel dedalo di parole e negli infiniti percorsi che portano alla luce la propria interiorità.

E “portare a conoscenza il concetto di luce e ombra insito nell’opera di Michelangelo” è il motivo primo che ha spinto il TeatroDellePietre a mettere in scena il testo “Le 7 Opere di Misericordia” scritto da frate Carlo Roberto, in scena insieme a Marcantonio Gallo. Il luogo che ha ospitato il reading è l’Eremo di sant’Onofrio, a Casacalenda, in provincia di Campobasso, in cui vive frate Carlo. Un eremo che fa dell’apertura verso il prossimo il suo scopo, includendo lo studio e l’ascolto. E quale miglior luogo come scenografia naturale per raccontare ombre e luce? La verità e la sua rappresentazione sono andate in scena alternandosi in un acceso dialogo – perché la fede e i dubbi dell’uomo non hanno tempo –   È stato interessante ascoltare le due voci contrapporsi per spiegare l’arte e l’innovazione che il Caravaggio osò fare al tempo in cui visse. Che Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, sia stato un personaggio passionale e violento è fuor di dubbio. L’immagine che la storia ci restituisce esprime quell’alone da “leggenda maledetta” che i suoi critici hanno costruito a partire dal 1800, quando fu ripescato dopo due secoli di oblio. Con quell’atteggiamento tipico dell’epoca – si pensi ai poeti maledetti – Michelangelo verrà descritto come donnaiolo, giocatore, addirittura omicida. Tutto ciò trova origine in quel risentimento e l’invidia con cui l’ambiente artistico lo accolse durante la sua vita, ma per conoscere in maniera corretta Caravaggio occorre necessariamente contestualizzarlo al periodo storico in cui visse. Basterebbe dare una lettura ai “Promessi sposi” del Manzoni, la cui storia è ambientata nel 1600, per capire meglio la struttura sociale in cui è vissuto il pittore. Bisognerebbe riportarlo nei suoi luoghi, a Milanodove avvenne la sua formazione, sotto la protezione della famiglia Colonna e dei Borromeo. E poi Roma, dove il pittore poté contare sulla protezione del cardinale Federico Borromeo e della marchesa di Caravaggio, Costanza Colonna Sforza figlia di Marcantonio, vincitore della battaglia di Lepanto (1571). Ed è quello che ha fatto il reading “Le 7 Opere di Misericordia” in cui il dialogo immaginario tra Michelangelo e Padre Vincenzo evidenzia la visione cinica e realistica del pittore contrapponendola a quella di una Chiesa, che fedele al comandamento, condanna l’omicidio di cui si è macchiato Michelangelo ma che non esita ad emettere una condanna a morte proprio sul pittore.

Michelangelo fu nell’insieme un artista tanto geniale quanto irrequieto. Frequentava è vero bettole dove si ubriacava ma anche  chiese, dove sostava a lungo per studiare la luce e a immaginare l’effetto che avrebbero avuto i suoi quadri dopo gli studi svolti.

L’eremo che ha ospitato la performance teatrale è diventata l’architettura dello spettacolo stesso. In questi “teatri per una sera” il filo conduttore è l’affabulazione, la necessità di guardarsi dentro. La parola si fa introspezione e veicola un messaggio. Una voce e un microfono, poco altro, e “niente più del vuoto di un misterioso non-vissuto” per dirla alla Carmelo Bene.

Marcantonio Gallo, attore e autore, insieme a Frate Carlo Roberto, dell’Ordine dei Frati Minori, hanno dato corpo e voce a una lettura scenica che ha contrapposto in maniera leggera la spiritualità alla vita di tutti i giorni. Se ne evince che non vi era nessun germe di un’eresia nella proposta del Merisi, soltanto il desiderio di inserire una umanità ferita e carnale nelle storie del cristianesimo, e di conseguenza nelle sue opere. Lo stesso Padre Vincenzo, che lo ascolta per farsi spiegare il quadro commissionato (che dà il titolo al reading teatrale), seppur tra mille dubbi, cede aprendosi a quell’accoglienza tutta “cristiana”.

Im dialogo, in cui faccende pratiche come il pagamento dell’opera commissionata, o la scelta dei soggetti da ritrarre – si dice che spesso Michelangelo usasse come modelli prostitute e ubriaconi – si alternano a disquisizioni puramente filosofiche e religiose, cerca di spiegare l’arte di Michelangelo.

E sebbene ci siano contestazioni circa la professione di prostituta delle modelle spesso usate per la Vergine, ciò che desta maggiore sorpresa e ammirazione tuttora è il realismo che pervade le opere di Michelangelo, proprio come il Concilio di Trento – 1545 – prescriveva: il realismo delle immagini sacre per sostenere il credo dei fedeli.

Eccolo, lo scandaloso Merisi: un uomo che illuminando alcuni episodi della vita della Chiesa cerca di gettare luce sulla sua vita precaria. Ottimo il testo teatrale in cui Marcantonio Gallo e Frate Carlo Roberto (autore) si sono alternati per dare voce ai personaggi che hanno interpretato, servendosi di parole per infondere luce, quella luce, la Grazia di Dio, la stessa luce che pervade le opere di Michelangelo, e che raggiunge l’uomo in ogni situazione della sua esistenza, perfino nelle più squallide perché: “non c’è peccato che non possa essere redento”. 

Una storia, quella di Michelangelo, che insieme alle altre quattro tracciano una sorta di “mappa di emozioni ” che il TeatroDellePietre utilizza per raccontare l’amore in tutte le sue sfaccettature, il silenzio, la paura di lasciarsi andare e di comunicare davvero, la ricerca dell’io più profondo e nascosto, quello che nel tempo in cui viviamo spesso non mostriamo a nessuno. La rassegna, che vede il TeatroDellePietre in suggestivi luoghi sacri, mette in scena un “teatro senza spettacolo” fatto di parole e storie interiori, che ben si adattano ai luoghi che le ospitano.

Il prossimo appuntamento è previsto il 27 febbraio nella Cattedrale di Brindisi con “Silenzi: conversazioni con un amico immaginario” in cui Gallo e Cito, che firmano la drammaturgia di tutti gli appuntamenti, racconteranno a modo loro passioni, rimorsi, paure e molto altro parlando appunto, ad un amico immaginario. Ma che succede se l’amico si rivela essere altro?

 

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