BRINDISI – Da decenni se ne parla e da altrettanti decenni non si è mai riusciti a trovare il bandolo della matassa. Molti medici nutrono un certo scetticismo in seno all’argomento, altri, una cerchia ristretta, ma che sta prendendo sempre più piede, avvalora detta tesi. Parliamo, ovviamente, dell’uso strettamente terapeutico della cannabis.

Cominciamo col dire che vi sono diversi tipi di piantagioni, quella che, purtroppo, è usata per gli spinelli, quella usata per dolci, pasta ed altri alimenti (vendibile anche nei supermercati; la canapa, ndr), la canapa per i vestiti e quella anche a scopo terapeutico. E’ d’uopo evidenziare che dalla medesima cannabis usata a sproposito per le cosiddette ‘canne’, si estraggono esclusivamente i principi THC e CBD, che vengono ‘passati’ dalla ASL.

Abbiamo voluto sviscerare al meglio la questione, sulla quale incombe una certa ignoranza anche tra gli addetti ai lavori. Per questo motivo, siamo riusciti ad incontrare la dottoressa Maria Angela Monfregola, presso il suo studio a Brindisi, la quale si è avvicinata da qualche anno a questa cura ‘alternativa’. Inoltre, presenzierà ad un convegno sull’argomento che si terrà a Racale nella giornata di domani. A fine discussione, si potranno ammirare le performance dei Boom Da Bash ed altri gruppi ed assaggiare prodotti alimentari a base di cannabis (canapa, ndr).

Partiamo proprio dall’evento: “Presso la sala comunale di Racale – ha spiegato la dottoressa – nella giornata di domani, alle ore 18:00, si terrà un congresso scientifico prima e poi un convegno di natura sociale. Riguarderà le ultime novità sull’uso della cannabis a scopo terapeutico. Sarà presente l’associazione ‘Lapiantiamo’, fondata da Lucia Spiri, la quale è affetta da sclerosi multipla. Spiri, proprio perché non trovava farmaci adatti alla cura di questa malattia, insieme ad altri medici, tra cui neurologi e farmacisti, hanno approfondito lo studio sull’uso farmacologico della cannabis”.

Dicevamo che ci sono diversi principi propri della piantina di cannabis (oltre un centinaio, ndr): “La cannabis viene usata da millenni – ha illlustrato la Monfregola – però, negli anni ’30 c’è stato il proibizionismo in America e, successivamente, anche in altri Stati. Così, si sono ristretti anche gli studi, per poi essere ripresi, negli ultimi anni, da un americano (ad Harvard), il quale ha ridotto i principi da studiare, che sono essenzialmente due, entrambi usati per le terapie mediche: il THC ed il CBD. Il primo viene prescritto per i dolori neuropatici, dovuti all’alterazione del sistema nervoso, e per un miglioramento della deambulazione; ritarda tutte quelle malattie che sono degenerative del sistema nervoso, quali la sclerosi multipla ed il morbo di Parkinson (riduce il tremore), e riduce anche il dolore. Il secondo, invece, ha effetti diversi, ma vengono usati entrambi parallelamente”.

Ma come si avvicina una persona, in questo caso un medico, a tale nuova frontiera della medicina, spesso messa in discussione? “Ho approfondito questo campo – ha concluso – perché mia figlia, 25enne, ha una malattia, l’eredoatassia, che la porta a non camminare affatto bene, perché colpiti i centri dell’equilibrio del cervelletto. Dato che non c’erano terapie ufficiali al riguardo, mia figlia stessa si è messa alla ricerca ed ha trovato un neurologo di Taviano, Alessio Mercurio, che si occupa di ciò. Così, lei ha fatto la richiesta per avere la cannabis attraverso la ASL di Brindisi. Mia figlia ha usato sia le gocce di cannabis, sia a mezzo inalatorio ed ora riesce a camminare meglio, in maniera più stabile”.

Si tratta, dunque, di cure sì alternative, ma che non creano dipendenza, perché i due principi non sono sostanze psicogene, cioè che intaccano la psiche umana, ma devono, comunque, essere dosate con cautela. Ad ogni modo, deve essere eseguito un inter particolare, che verrà approvato dal Ministero, al fine di ottenere questo tipo di trattamento.

Nel brindisino, il caso della figlia della dottoressa Monfregola è stato il primo, per il quale la ASL locale si è attivata in tal senso, fornendo la relativa prestazione sanitaria. Ma non è stato affatto facile, ovviamente, sbrigare le pratiche per l’ottenimento dei medicinali cosiddetti ‘alternativi’. Infatti, la Monfregola, grazie all’aiuto del centro della terapia del dolore presso l’ospedale Perrino di Brindisi, è riuscita ad ottenere un protocollo terapeutico.

Pertanto, si sta pian piano dissolvendo lo spettro della cannabis ad uso terapeutico. Ma in Italia, però, non c’è solo ignoranza in materia; anche i colossi farmaceutici fungono da impedimento affinché queste pratiche prendano piede. Infatti, se davvero si avviasse sempre di più la coltivazione di cannabis (ricordiamo, esclusivamente ad uso terapeutico, ndr) le ditte farmaceutiche che producono un X medicinale subirebbero un netto calo delle vendite.

A chi di dovere, l’arduo compito di avvalorare o affondare detta pratica, dopo aver trovato, ovviamente, i necessari riscontri scientifici.

Tommaso Lamarina
Redazione

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