IN MORTE DI PAPA BENEDETTO XVI – Breve riflessione (di Davide Gigliola)

Quando nel 2005, come da secolare tradizione, apparve per la prima volta dalla loggia centrale della Basilica Vaticana il nuovo Papa, eletto dal Conclave, non fui particolarmente contento. Era un sentimento molto (troppo) umano il mio. Da giovane e dopo il lungo papato di Giovanni Paolo II, avrei preferito un Papa più “moderno” e meno “noto”. Con il passare del tempo e con maggiore presa di coscienza, il mio personale “giudizio” su Benedetto XVI cambiò sostanzialmente. Quello che mi mancava per comprenderne ed apprezzarne la sua “grandezza”era la mia poca capacità di ascolto… la stessa capacità che è mancata a tanti. Quando capii questo, cominciai finalmente a lasciarmi guidare da tanta fede e saggezza. Oggi, il mondo, in cui il seme dell’ipocrisia è annidato profondamente, si ritrova a piangere quest’uomo, che non può essere ricordato unicamente per la scelta (coraggiosissima) di dimettersi. Ogni talvolta che la morte strappa alla vita un personaggio che ha attraversato la storia, si sprecano milioni di parole, false lacrime, postumi riconoscimenti, che invadono per giorni la quotidianità assopita. Lungi da me partecipare a questo festival dell’ipocrisia, a questo mercato del gossip, all’inutile e becero grande fratello dei “ricordi”.

Vorrei invece, con immensa gratitudine e profondo rispetto, poter dire la mia – perché posso farlo, senza falsa modestia – sulla figura di quest’uomo mite, umile e profondo che ha segnato la mia vita, ritrovando nella sua storia – con i dovuti distinguo – consonanze con la mia.

Quel’è l’eredità spirituale che lascia Papa Benedetto? Quale il messaggio donato alla Chiesa che ha amato, guidato e servito?  Non si può ovviamente riassumere in poche righe, ma credo che sia quello della consapevolezza. È stato un uomo consapevole di essere chiamato a parlare di Dio, di renderlo accessibile nella Sua inacessibilità. Alcuni hanno giustamente definito Ratzinger l’ultimo autentico grande teologo. Credo sia realmente così, con la sua finezza e profondissima conoscenza, ha detto all’uomo che Dio è Qualcosa di possibile e reale. Nella fatica della ricerca della Verità – di cui si è definito Cooperatore – ha indicato la via a chi, guidato o sostenuto dalla Fede e/o dalla Ragione, vuole percorrerla. Prima i testi accademici, poi le omelie e le encicliche… in tutto emerge ancora la consapevolezza e infine la bellezza di giungere a Dio, passando per l’umanità di Gesù di Nazareth. Questo percorso non esclude le crisi, le difficoltà e le “notti” dell’anima. Ho un ricordo nitidissimo – essendo presente in piazza San Pietro – dell’omelia che pronunciò iniziando l’Anno delle Fede, nel 2012, a 50 anni dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. In quell’occasione dimostrò chiaramente e pubblicamente, a chi  lo voleva tirare per la talare (soprattutto nelle frange estremiste (sic!) della “tradizione”) di essere del Concilio autenticamente figlio e traduttore.  In quel momento mi parve che – per la mia storia personale – il Papa stesse parlando direttamente a me, nonostante la piazza gremita. Le sue parole furono una carezza per il cuore, un balsamo per la mia anima “inquieta” e mi piace riproporle con tutta la loro attualità: “…è il vuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza. La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo. Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada…” 

Dopo aver inaspettatamente annunziato la “Rinuncia”, i detentori della verità – ben differenti da chi ne vuole essere cooperatore – gli diedero contro usando (abusando) di paragoni (pseudo) spirituali, ridicolizzandolo e additandolo di aver rinunciato alla Croce… gli stessi che in seguito, dimostrando immaturità di fede e opportunismo – lo hanno sbandierato come custode della tradizione o peggio come l’autentico Papa. Se avessero un minimo di coscienza, dovrebbero ora solo tacere, ma sappiamo che i “cattolici” così saccenti sono unicamente incapaci di riconoscere le proprie nefandezze, eleggendo come unico giudice, la loro accomandante coscienza! Gli stessi che lo hanno usato (senza che lui ovviamente si facesse usare – perché il suo Magistero pre e post rinuncia è chiaro – basta leggerlo e non tradurlo a proprio piacimento) in contrapposizione a Papa Francesco. Certo è chiaro che la novità della figura del Papa Emerito ha lasciato per un po’ confusi, ma la confusione non può diventare “arma” per infangare senza scrupoli quello in cui dicono di credere. Farisei e figli di farisei che ergendosi come “amici” di Dio recano divisione, sperperano risorse e creando danni, dimenticando volutamente che non si dovrebbe amare quel o quell’altro Papa, ma il Papa, per quel che rappresenta e addirittura obbedirgli: ubi Petrus, ibi Ecllesiae  – dove c’è Pietro, là c’è la Chiesa (cit. San Ambrogio).

Di fronte alla finezza teologica di Papa Benedetto, non posso non fare riferimento ai tanti (soprattutto sacerdoti “star” di internet) che – mi permetto di dire – senza alcuna vergogna, banalizzano il discorso teologico o la sacralità del rito, illudendosi e illudendo che sia quello il modo di “svelare il Mistero”.  Il mondo intero rimpiangerà la serietà (perché tale è e deve restare) con cui il Papa ha parlato del Mistero di Dio e la passione con cui ha raccontato all’uomo Gesù.  Mi piace ricordare come avesse l’abitudine di scrivere ogni cosa a matita… quasi un ulteriore gesto di delicatezza e gentilezza, un gesto “modificabile”, per quanto scrivesse di realtà granitiche. Ulteriore e immenso insegnamento di umiltà…

In vita, questo servitore mite, è stato additato di essere freddo, “tedesco”, incapace di comunicare, eppure soprattutto chi è “lontano” da Dio ne ha riconosciuto lo spessore.  Ma chi oggi lo esalta dimentica  quando ad esempio fu utilizzato un suo intervento all’università di Ratisbona per innescare ostilità tra religioni. Quando, con un specie di sommossa, gli fu impedito (letteralmente impedito) di intervenire presso l’università la Sapienza. Quando fu insultato per aver detto la sua alla lotta all’Aids in Africa…, solo per citare alcune delle tante incomprensioni o forse autentiche persecuzioni (soprattutto mediatiche) che subii e in cui spesso si ritrovò “solo”, così come le volute falsificazioni dei suoi interventi…

Eppure, francamente forte della sua Fede, ha continuato a guidare una realtà grande, eterogenea e complessa come la Chiesa. Chiesa che non sempre gli è stata fedele e vicina. Diede inizio alla riforma dello Ior, la fantomatica banca vaticana al centro di misteriosi e ripetuti scandali. Avviò un’opera senza precedenti di lotta alla piaga della pedofilia. Affrontò con estremo coraggio situazioni che apparivano inviolabili. E alla fine, “dopo aver ripetutamente esaminato la coscienza dinanzi a Dio”, si dimise.

Tante – per le più fantastiche e distorte – sono state le letture date a questo gesto potente. Eppure credo che la lettura più giusta da dargli  sia proprio quella più semplice che lui stesso espresse: per un bene maggiore della Chiesa. In questa affermazione c’è tutto! Però mi piace ricordare “l’astuzia” di quella scelta – rivolta soprattutto a chi appoggia la tesi di minacce ricevute tanto da indurlo alle dimissioni. Quando il Papa muore, in automatico, decadono tutte le gerarchie che compongono la Curia Romana… se, come tanti hanno detto, i problemi erano annidati proprio li…Benedetto ha preferito “morire” pur di continuare a vedere la Chiesa violata e violentata da chi la rappresentava. Se non è questo amore; se non è questa consapevolezza? Allora cosa è?! Solo una persona come lui poteva arrivare a tanto per amore. Tutte le altre letture possono essere utili unicamente per alimentare l’unitile  fanta spiritualità.

Ha dimostrato (e che lezione!) che chi è a Capo è unicamente a servizio e non è alla spasmodica ricerca di prestigio e di potere.  Una lezione la sua da cui, soprattutto nella Chiesa e in chi la guida nelle sue varie componenti, deve attingere affinché non risulti vana.

Chi arriva a comprendere questo quindi non può che essergli grato. Non può non riconoscergli coerenza assoluta di fedeltà a quello che è stato. Benedetto XVI appare autenticamente libero e cosciente di non dover ricercare il consenso o l’approvazione del mondo o di porzioni di Chiesa. Appare capace di sopportare l’insulto e la condanna degli impietosi “gerarchi della fede”. Capace di parlare eloquentemente con un silenzio per nulla imbarazzante.

A coloro che ancora non ne hanno apprezzato lo spessore auguro di riuscire a smontare, con verità, l’impalcature che hanno eretto attorno la figura di Papa Benedetto. Facendo questo “lavoro” sono certo che riusciranno a vedere altro e oltre…

Oggi dico grazie con tutto me stesso di aver “conosciuto”e mi auguro compreso questo testimone di Dio.

Sarebbe troppo poco quindi, ricordare la visita storica che fece a Brindisi nel 2008, anche perché, per amore della Verità, c’è da chiedersi cosa è autenticamente e profondamente rimasto di quella visita? Solo una bella foto? Un emozione passeggera? (…non potrò mai dimenticare i suoi occhi verdi e profondi che scrutarono i miei, quando – tra tanti – mi porse  e mi strinse entrambe le mani…).  Chi ha riletto quello che disse sulla Banchina di Sant’Apollinare? Parole che, rileggendole oggi, hanno una portata autenticamente cattolica e che appaiono ancora di più lascito e appello prezioso: “La Chiesa è in Cristo, lo spazio di accoglienza e di mediazione dell’amore di Dio. In questa prospettiva appare chiaramente come la santità e la missionarietà della Chiesa costituiscano due facce della stessa medaglia: solo in quanto santa, cioè colma dell’amore divino, la Chiesa può adempiere la sua missione, ed è proprio in funzione di tale compito che Dio l’ha scelta e santificata quale sua proprietà. Quindi il nostro primo dovere, proprio per sanare questo mondo, è quello di essere santi, conformi a Dio; in questo modo viene da noi una forza santificante e trasformante che agisce anche sugli altri, sulla storia”.

Il 31 dicembre, mentre il mondo – abituato come è –  correva distratto e stordito per salutare l’ultimo giorno del 2022, forse inconsapevole della preziosità e vacuità del tempo, il Papa Emerito, dal suo ritiro monastico è andato a Dio. Quel Dio ricercato e accettato, amato e testimoniato e ora certamente svelato.

A quei profeti di sventura – per cui ogni occasione è buona per annunziare disgrazie – che annunciano apocalissi imminenti dopo la morte di Ratzinger, voglio semplicemente ricordare, che se si crede alla “comunione dei santi”, un morto può fare perfettamente molto di più nella intercessione.  Soprattutto si ricordino l’ imperativo annunziato da Cristo stesso: non praevalebunt!

Dopo la morte, forse, tanti volgono ora lo sguardo su “colui che hanno trafitto”, così come, ne sono certo faranno alla morte di Papa Francesco e cosi come fecero gli “amici” di Dio quando – altezzosamente, certi di essere nel giusto – condannarono e crocifissero Gesù.  Volgendo però lo sguardo, con diversa e autentica consapevolezza, su Papa Benedetto, mi auguro che ognuno possa tacere lì dove il dire è divenuto “bestemmia”, credere dove l’ascolto è divenuto irrobustimento della Fede, ringraziare e imparare dove l’esempio è divenuta autentica testimonianza di santità.

Davide Gigliola

 

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2 COMMENTI

  1. Grazie Davide per la tua riflessione su un uomo giusto ..umile e soprattutto silenzioso che nel nostro credo dovrebbe essere l’essenzialità.

  2. Mi permetto di offrire uno spunto di riflessione dopo aver letto questo articolo.
    Nello stile di chi scrive l’articolo SENTO UN FORTE SENSO “ECCESSIVO” DI APOLOGETICA, come se Benedetto avesse bisogno di essere “difeso”, rivalutato…. Benedetto è un “gigante” della fede, per cui di lui si dovrebbe parlare con più serenità, con senso di gratitudine a Dio, per il dono che ha fatto alla Sua Chiesa! Non gli si rende un “buon servizio” sottolineando una “eventuale interpretazione errata” del suo messaggio, delle sue scelte, poichè egli è assolutamente al di sopra di ogni pregiudizio. Mettere in evidenza le contese, i contrasti che contornano la vita di Benedetto, varrebbe a dire fare “eco e pubblicità” al male. Di un uomo così gigante val la pena solo parlare della sua grandezza. Ma non con livore inutile , giudicando a destra e a manca, ma esaltando la sua figura.

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