BRINDISI – Ricominciano gli incontri del laboratorio teatrale all’interno della Casa Circondariale di Brindisi. A partire dal mese di novembre, il TeatroDellePietre, compagnia teatrale brindisina, nata da una idea di Marcantonio Gallo e Fabrizio Cito, per il quinto anno consecutivo proporrà la propria attività all’interno del carcere di Brindisi, avviando un laboratorio teatrale legato al tema della legalità e ad un progetto di opportunità di recupero rivolto ai detenuti della Casa Circondariale di Brindisi.
Ad oggi, grazie alla disponibilità del direttore Annamaria Dello Preite e all’amministrazione del carcere, oltre al personale di polizia penitenziaria, il progetto, che ha visto la collaborazione dei detenuti in qualità di attori negli spettacoli realizzati nel corso degli anni, è cresciuto molto, fino ad acquisire una maggiore chiarezza in termini di obiettivi da perseguire.
Il progetto “DENTRO/FUORI: Carcere e dintorni” è un percorso/laboratorio che prova ad assolvere un compito informativo e divulgativo all’interno del carcere ma non solo: il carcere appartiene alla città con tutti i suoi contrasti, le sue contraddizioni, i bisogni e i cambiamenti necessari, legati alla nostra epoca. È il luogo dove la sofferenza e le contraddizioni sociali sono acute ed evidenti.
Il laboratorio del TeatroDellePietre coinvolge ogni anno un gruppo di detenuti in un progetto “esperienziale” e teatrale atto a potenziare la capacità di riflessione sulle proprie condizioni di uomini privati temporaneamente della libertà, per rafforzare l’autostima, il dialogo e l’interazione con l’esterno. Attraverso il laboratorio viene offerto ai detenuti partecipanti la possibilità di introspezione per attuare una maggiore consapevolezza di sé, creando con il teatro una sorta di “ponte” tra chi vive la condizione di detenuto e chi da fuori guarda attraverso la lente deformante di una società che spesso non riesce a reintegrare i soggetti, una volta scontato il loro debito verso la società stessa.
Ad oggi il TeatroDellePietre ha realizzato e messo in scena quattro spettacoli teatrali che hanno visto sul palcoscenico attori e detenuti, sperimentando una forma di integrazione sociale dei detenuti stessi rafforzando l’autostima e provare a migliorare le proprie abilità anche e soprattutto attraverso ruoli differenti rispetto alle precedenti condotte devianti.
“Con ‘MALISANGU: contrabbando, terra & amore’ – hanno detto gli addetti ai lavori – abbiamo lavorato su fenomeni come la nascita del contrabbando e della Sacra Corona Unita; con “BRIGANTI” abbiamo fatto una indagine sociologica sull’Italia nei primi anni di vita e sulle contraddizioni che ancora oggi la abitano; con lo spettacolo “SHKSPR: sezione due” abbiamo utilizzato i versi e le parole di Shakespeare per dare voce a chi voce non ha in un coraggioso atto di denuncia sociale. L’anno scorso invece abbiamo scelto come tema la verità”.
Lo spettacolo dell’anno scorso “DEI DELITTI & DELLE PENE” ha preso spunto dal libro “Dentro/Fuori: carcere e dintorni” scritto da Marcantonio Gallo e il gruppo di detenuti che ha partecipato, oltre che al laboratorio teatrale, anche a quello di scrittura creativa. Quest’anno il tema scelto per la nuova produzione teatrale è la Grecia. Prendendo spunto dall’Iliade e dall’Eneide, i detenuti si racconteranno attraverso le parole di Omero e Virgilio in una messinscena che parlerà di guerra e di amore, ma anche di migrazioni.
Dopo aver organizzato incontri in carcere con personalità quali gli attori Marco Baliani, Stefano Accorsi, Rocco Papaleo, lo scrittore e giornalista Raffaele Nigro e la scrittrice Clara Nubile, anche quest’anno ai detenuti sarà offerta la possibilità di interagire con il mondo esterno attraverso nuove iniziative.
Il teatro, proprio per la sua natura, è la disciplina che più di tutte ha la possibilità di riabilitare l’individuo nelle comunità isolate come quella carceraria. Se i reati commessi e la permanenza in carcere possono sviluppare ulteriori devianze comportamentali, la pratica scenica e l’attività teatrale possono riuscire a distogliere i soggetti impegnandoli nella valorizzazione di ogni tipo di attitudine dei detenuti e offrire loro un supporto utile nel percorso di ricerca delle proprie qualità.
Spesso si vorrebbe ridurre il teatro a parole svuotate di senso come crisi, tagli alla cultura, degrado morale e intellettuale, ma che rappresentano soltanto il limite della società odierna. Il teatro, come il carcere, possiede ancora una sua lingua poetica e seppur spesso imbrigliato da logiche di mercato parla guardando al mondo con occhi disincantati, interrogandosi ancora sul senso dell’esistenza. Il teatro, filtrato attraverso le sbarre del carcere, accarezza, bisbiglia, e suggerisce. Mostra, non impone, una visione poetica necessaria per la sua, e nostra, sopravvivenza.