Colpo gobbo: “L’amore al tempo del Coronavirus” – di Bastiancontrario

Gabo Marquez scrisse “L’amore al tempo del colera”, io, più modestamente, mi accontento di descriverlo al tempo del corona, con i presumibili baci scambiati con tutta la mascherina, quasi una riedizione aggiornata del bacio degli amanti di Magritte. Ma nell’ancora caldo post San Valentino, il mio pensiero e il mio occhio vanno anche alle dediche intercorse tra gli innamorati. Un fitto carteggio virtuale a base di post, sms, whatsapp, telefonate sospirose. Frasi sincopate traboccante di lirismo cosmico, di empito da baci perugina, di ispirazione filmica o fumettistica. Niente paura, va tutto bene, non è forse la nostra una società fondata sul copia e incolla?

Non è necessario essere originali e infallibili come libri stampati: si può benissimo scopiazzare o esternare di proprio, non andando troppo per il sottile con la grammatica e la sintassi, perché le frasi d’amore escono dal cuore e non dal bagaglio culturale. I sentimenti sono belli e puri anche senza l’ausilio della consecutio. Qualche esempio? Eccoli. “ Rita, che se la rosa non si chiamerebbe rosa, Rita si doveva chiamare!” “Romina mia, cercabbi l’amore co tia e lo sono trovato!” Sia chiaro, le donne, anche quelle che appaiono scorbutiche, sono tutte romantiche e apprezzano molto queste dichiarazioni appassionate e ruspanti. Come fa una ragazza a resistere di fronte a frasi genuine e sfilamutande come queste “ Pasquina, io t’amo e l’osai…” oppure “ Quando che ti vedo a tutta na volta, scoppia un tramoto nel mio cuore e le orecchie si fanno di fuoco, e non solo loro…” W l’amore dunque e non sottilizziamo troppo sulle parole: quello che conta in fondo è il fine, non il mezzo, e poi, se l’amore è cieco, perché mai dovrebbe vedere gli strafalcioni?

Bastiancontrario

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