Colpo Gobbo: “LA NOBILE ARTE DEL DOLCE FAR NIENT… A DISTANZA” – di Bastiancontrario

L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Che spesso non c’è. E allora, se cresce la percentuale di cittadini che non lavorano (pensionati, giovani, licenziati, disoccupati, esodati, percettori di reddito di cittadinanza), nelle speranzose more dell’annunciata ripresina economica, è forse il caso di riapprezzare il classico valore del “dolce far niente”, oggi più modernamente denominato “fancazzismo”. Intanto bisogna subito fare chiarezza demolendo il pregiudizio che, a torto, fa ritenere il “nullafacentismo” una semplice pratica parassitaria. Non è affatto così perché, a ben riflettere, astenersi dalla fatica fisica apre le porte alla speculazione filosofica e alla meditazione. Non è il lavoro che rende liberi ma l’ozio. Si è mai visto, nella storia del mondo, un filosofo sudato, stanco e affaccendato? Per non parlare dei nobili che, in ogni epoca, hanno menato vanto di beata trastulleria. Un famoso giornalista, interrogato sulla sua professione, ebbe a dire: “Beh, sempre meglio fare il giornalista che lavorare”. Anche un celebre regista, alla moglie che gli chiedeva perché stesse da ore alla finestra, rispose “Ma non vedi che sto lavorando!” Ora, poiché siamo in democrazia, è giusto che questo concetto filosofico di prassi esistenziale sia patrimonio di tutti i ceti sociali. L’obiettivo comune è sempre quello di dare una veste dignitosa alla libera scelta di tenere ben lontano dalla propria persona il lavoro, alienante produttore di sudore e di spirali consumistiche. Più lavori, più guadagni e quindi più spendi. Uno stupido serpente che si morde la coda e fa ingrassare solo i pescecani capitalisti. Del resto, l’allarme fu lanciato tempo fa da un certo signor Marx. Anche Cesare Pavese, in tempi a noi più vicini, cercò di aprirci gli occhi scrivendo un libro dal titolo “Lavorare stanca”. In Italia, i maestri dell’arte del far nulla sono stati i Napoletani. Pizza, sole, mandolino e un signorile, indolente approccio alle cose della vita che scorre. Ecco perché i frugali olandesi ci odiano:sono invidiosi! Noi a Brindisi non siamo da meno dei partenopei e, forti di una certa predisposizione genetica derivante da antico sangue spagnolo, rivendichiamo lo status di liberi pensatori bighellonanti. Ormai siamo professionisti di fannulleria. Ma avete visto come respira, viva e pulsante, la nostra città? Nugoli di sfaccendati stravaccati sulle eleganti poltroncine dei bar, stuoli di giovani assiepati…a distanza nei pub, panchine traboccanti di pensionati in maschera che animano le piazze con le loro colorite conversazioni. E poi le auto vaganti in un flusso ininterrotto che si spande per le vie della città a tutte le ore, dalla mattina a notte inoltrata. La nostra non è banale pigrizia. E’ qualcosa di più E’ uno stadio ozioso creativo, consapevole e perciò sublime. L’ozio non è affatto il padre dei vizi e non produce mai noia. E’ invece il più grande produttore di idee e quindi di civiltà.

Bastiancontrario

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