<Papà, vieni a spaccare la faccia al prof>. E’ successo di recente in un istituto superiore della provincia di Lecce. E il papà – insieme con il figlio più grande – corre a scuola e minaccia il prof, strattonandolo e costringendolo a trovare riparo nei bagni.
Non c’è che dire. Episodio senz’altro doppiamente deplorevole e vergognoso, non solo per il gesto in sé, ma anche e soprattutto per il cattivo esempio dato ai figli.
Duilio (nome di fantasia, dell’uomo della porta accanto) è inorridito, dopo aver appreso la notizia in Tv. E’ inorridito anche e soprattutto per la formazione ricevuta in famiglia.
Ormai è abbastanza avanti con gli anni. Da poco ne ha compiuti già 80 di anni. Ma non dimentica mai quello che gli diceva il suo papà: <Duilio, non dimenticare mai che i prof hanno sempre ragione. Anche se sbagliano non ti devi assolutamente azzardare di mancare loro di rispetto!>.
Il papà gli ricordava anche ciò che era capitato al figlio di un vicino di casa: espulso da tutte le scuole d’Italia, per aver mancato di rispetto ad un docente. Un provvedimento senz’altro duro, ma così si usava un tempo.
Il genitore di Duilio, un artigiano di provincia, ci teneva che i figli riuscissero a conseguire una laurea. Forse in lui c’era senz’altro – inutile negarlo – un grande desiderio di “riscatto sociale”, dal momento che per quanto lo riguardava, a livello personale, non era stato possibile andare oltre la licenza di avviamento professionale. E, pertanto, proprio allo scopo di consentire ai figli di raggiungere l’agognato obiettivo, non si stancava mai di ripetere la “raccomandazione”, come un mantra: <I prof hanno sempre ragione, ricordalo bene!>.
Certo, erano altri tempi, si dirà. Subito dopo la seconda guerra mondiale, i ceti più umili dovevano solo portare rispetto a tutti – come era giusto che fosse, in generale – e dovevano sempre e comunque essere abituati a subire anche qualche atto di prepotenza o sbruffoneria delle classi più agiate, abituate ad avere tutto, comunque: pur in assenza spesso di ragioni valide, per il raggiungimento dei propri obiettivi.
Ma, si diceva, erano altri tempi. Ora, finalmente, tutti hanno i propri diritti e tutti hanno la possibilità di far valere le proprie ragioni. E, in generale, è pure giusto che sia così.
Ovviamente, si sottolinea: <in generale>. Ma, ritornando all’episodio in sé, viene spontaneo chiedersi: <Cosa c’entrano i propri diritti e le proprie ragioni con le minacce e le botte al prof?>. Soprattutto se si è in presenza di un comportamento, nient’affatto edificante, di un ragazzo che disturba la lezione del prof e distrae per di più l’attenzione degli altri compagni.
<Papà, vieni e spacchiamo la faccia al prof!>. E’ evidente che lo stesso linguaggio è più che abituale in famiglia. Non si può pensare diversamente. I figli di Duilio – ci tiene a sottolineare il diretto interessato – non si sono mai permessi di fare un appello simile ai propri genitori. Anche in presenza di qualche rimprovero da parte dei prof. Pur ammettendo che ne abbiano mai avuto qualcuno, visto che i genitori non ne sono mai stati messi al corrente.
Ritornando, all’episodio del paesino leccese, pertanto, non c’è altro da aggiungere, se non ribadire che il comportamento di genitori e figli, nella fattispecie, è semplicemente deplorevole e da condannare “senza se e senza ma”, sia per l’aggressione e sia per l’esempio dato ai rispettivi figli.
Detto questo, però, c’è anche da ricordare un altro episodio recente, che si sarebbe registrato in una scuola materna di Brindisi, ai danni di una bambina di appena 3 anni e di un’altra compagna della stessa età. Le stesse sarebbero state prese a calci da un’insegnante.
Il condizionale è d’obbligo, anche perché da parte dei genitori non c’è stata alcuna reazione pubblica. Solo un semplice “sfogo” – più che meravigliato, naturalmente – ad alcuni amici di famiglia. Uno “sfogo” nel quale non si escludeva, con molta onestà intellettuale, che le bambine avessero potuto interpretare male un gesto, puramente bonario o quanto meno scherzoso, magari solo per sdrammatizzare una circostanza “incresciosa”. Una delle tante, che pure si registrano inevitabilmente e quotidianamente, tra bimbi piccoli di una scuola materna.
Però, anche nella fattispecie, va fatta una riflessione.
Ammettiamo pure – sostiene Duilio – che il gesto dell’insegnante sia stato solo un “gesto scherzoso”, peraltro male interpretato dalle bambine, comunque va ritenuto come un gesto “inopportuno” e per niente “educativo”. Duilio non nutre alcun dubbio in proposito. Anche lui è stato un docente, a suo tempo. E, pertanto, sa quello che dice. Soprattutto in considerazione del fatto che – sottolinea l’interessato – la scuola è considerata da sempre, la seconda “agenzia formativa” delle generazioni, a stretto giro di posta dopo la famiglia. E questo non lo si può negare affatto.
Anche per questo l’educazione – ribadisce Duilio – va data semmai con il buon esempio da parte degli adulti.
Ritornando a casa, la bambina – durante il percorso in macchina – ha raccontato tutto alla madre, che puntualmente la va a prendere a scuola ogni giorno, visto che il papà è impegnato al lavoro.
Da parte sua, la mamma – pur prendendo atto con rammarico di quanto riferito dalla propria figlia – intelligentemente ha subito sminuito l’episodio, cercando di convincere la bimba che l’insegnante, molto probabilmente, <avrebbe solo scherzato con loro>.
Come dire, insomma, che la signora non ha avuto alcuna reazione inconsulta nei confronti dell’insegnante, al contrario del papà leccese.
Pure in presenza di un episodio (anche questo) nient’affatto edificante, commesso da parte di chi, invece, dovrebbe (deve!) dare ben altri esempi formativi. Soprattutto in funzione del delicato ruolo che ricopre.