A seguito dei maltrattamenti inflitti alla madre, ad una 41enne è stata applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata

MESAGNE – I Carabinieri della Stazione di Mesagne su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, hanno sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata, per un periodo non inferiore a sei mesi con contestuale ricovero in adeguata struttura residenziale psichiatrica a vocazione riabilitativa una 41enne di Mesagne, indagata per il reato di maltrattamenti in famiglia.

Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale Ordinario di Brindisi e si è reso necessario in quanto,  la donna con condotte reiterate di violenza,  minaccia e assillo, maltrattava la madre convivente, al punto da renderle la convivenza afflittiva, intollerabile e fonte di costanti sofferenze. In particolare in più occasioni la obbligava ad assecondare tutte le pretese e richieste, percuotendola con schiaffi, pugni, calci, lanciandole oggetti e minacciandola di morte, anche al fine di impedirle di denunciarla. Nei primi giorni del mese di giugno l’ha picchiata con schiaffi al capo  e pugni alle braccia, inoltre minacciandola di morte. In più occasioni  la aggrediva e minacciava anche di notte, così costringendola a non dormire. In più occasioni pretendendo di essere servita dalla madre, distruggeva le suppellettili di casa, inoltre con contegno aggressivo, le impediva di ricevere visite nell’abitazione, di uscire di casa e di dialogare con le persone. Pertanto da quanto emerso da tutta una serie di attività ricognitive effettuate, nonché a seguito delle patologie sofferte è emersa la pericolosità sociale della donna che si dovrà sottoporre ad un adeguato piano riabilitativo terapeutico.

La misura di sicurezza della libertà vigilata prevista dal codice penale si applica a coloro i quali sia stata riconosciuta una certa pericolosità sociale da parte di un Tribunale. L’applicazione della misura, contempla una serie di limitazioni alla libertà personale dell’individuo, finalizzate ad impedire il ripetersi di condotte violente e pericolose favorendo il suo reinserimento sociale. Le misure variano da soggetto a soggetto, in genere contemplano l’obbligo di dimora e del lavoro, il divieto di possedere o usare armi, nonché altri obblighi di buona condotta.

 

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1 COMMENTO

  1. Mi chiedo : dov’erano i vicini di casa ? Dov’erano i parenti delle due donne? E’ possibile che i vicini non sentissero urla e rumori, ad ogni ora del giorno, persino di notte? Il silenzio, è una forma grave di omertà : vedo, so, ascolto, ma mi faccio i fatti miei. Non è civiltà, è indifferenza! A volte si parla di discrezione, di “coprire” gravi errori in nome di una falsa “carità”, di un buonismo fuori posto, che di buono non ha nulla anzi è un atteggiamento che sa di “piena complicità”. Apriamo i nostri cuori, apriamo gli occhi e le orecchie per osservare chi ci vive accanto, nello stesso pianerottolo, nel cortile, nel condominio, nella piazzetta… Le parrocchie, i parroci, gli operatori pastorali, siano “antenne” vigili ed attive, per saper scorgere situazioni di prepotenza, sofferenza e sopraffazione e offrire un sollievo a famiglie “intrappolate” da legami affettivi perversi, sotto ogni punto di vista. A noi non costa niente , ma per chi soffre situazioni insostenibili è una rande liberazione!

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