Madame e cavalier ch’aprite il sito/ per udir cose dilette e nuove,/
Leggete attenti movendo piano ‘l dito/ la trista storia che dal mio dire muove./
Così vedrete il franar di un mito,/ le vane fatiche e stolte pruove/ che fece un folle per recare onore/ al suo fottuto, vacuo io interiore./
Non ti par già, lettor, maraviglioso/ udir cantar di Donaldo rintronato/ un Narciso comico e spocchioso/ che si credea ‘l più fico del creato,/sì gagliardo del suo vecchio coso/ da vantarsi d’esser seduttore nato?/ Gradasso ardire avea quel lestofante/ dal crin canario e membra da gigante./
Dipinto avea pavon su la bandiera,/ con ricami di seta e d’or pomposo,/ e la cravatta rosso fuoco era./ Quei segni d’uno stil pacchiano e odioso/ facean il pari con la stramba criniera/ d’incerto giallo molto vanitoso/ ispecie rara di nido a ciuffo/ da vecchio goffo augello biondo e buffo./
Le rie sventure di Donaldo io canto, / che furo ai tempi de li dazzi amari/
Da quel vaiasso portati a sommo vanto/ qual novi, strabilianti affari rari./
Appen che rimesso fu sul trono santo,/ varò trampate di principi bari,/
Tanto a rischio non er lo suo sedere,/ ma quello della gente sanza potere./
Dapprima sproloquiò su l’Ucraìna/ tendendo a Zelensky vile trappola,/ ma poi saltò su la sua stessa mina,/ visto Putino tirargli ‘na caccola/dicendo ch’a lui preferiva la Cina./ Egli capì che pace era una fanfola/ allor cambiando tema per disdoro,/ annunciò al popolo l’età dell’oro./
Principiò così la guerra de’ dazzi/ tra lo sgomento delle umani genti/ e anco gli esperti dicean “Sti cazzi!”/ mentre in TV sfidavonsi le menti/ sull’adozion o no dei controdazzi/ in dispute ferine a stretti denti/ e ogni sera i tanti paroloni/ finivan per rompere i marroni./
Per mesi tenne tutti in grande scacco,/ facenno e disfacenno a suo piacere,/ finché stufi di subir lo smacco,/ i Capi delli Stati lo misero a tacere/ ordendo un tir mancino e fiacco/ che lo detronizzò d’ogni potere./ Allora quel gran testa di pazzo/ capì che fatto gli avean lo mazzo./
Poscia che le borse dell’intero mondo/ affondaron come barche in gran tormento,/ Subbito il Congresso e li giudici in tondo/ votaron l’invocato impiccemento/tutti d’accordo nel mandarlo a fondo/ sanza peraltro alcuno pentimento,/ e ‘l folle vaneggiando di congiura,/ fu messo in un ospizio di clausura./
Termina qui l’istoria di Donaldo,/ sovrano prepotente ora in prigione,/ che proprio come l’Icaro ribaldo/ volle sfidare il sol della ragione/ imponendo le strambe fole a caldo/ che della ruina sua furon cagione./Traete un monito da ‘ste cose vane:/ governar non si puote a cazzo di cane…
Bastiancontrario
Non cambi mai. Il tuo umorismo “tagliente” cresce sempre.
Fantastico! Grande Bastian Contrario. Anche se temo che un final siffatto della storia sia pia illusione.
Auguro che un giorno si possa dire: – lo aveva detto il caro Bastian contrario