BRINDISI – Brindisi ed il basket è la storia di una passione travolgente, contagiosa, cristallina; è la storia di uno sport che, portato in città dal pioniere Pentassuglia, si è trasformato in qualcosa di più serio, entrando nella pelle dei suoi cittadini fino a cambiarne per sempre i connotati. Brindisi è basket, nella sua accezione più bella, più completa: come altro interpretare, altrimenti, i gesti di delirio collettivo dei quali siamo stati protagonisti negli anni ’80, quando la domenica era assorbita dal pellegrinaggio alla Nuova Idea, “La Mecca” di generazioni di brindisini, straripante di calore e colori già da mezzogiorno, proprio come accadeva in precedenza nel più piccolo, ma ugualmente incandescente, Palazzetto di via Ruta, e come accadeva ancor prima nella palestra Galiano.

E come interpretare, altrimenti, quello che è accaduto dagli inizi del 2000, quando “La Mecca” è tornata ad accogliere stuoli di vecchie e nuove generazioni armate della stessa, incurabile passione, ma questa volta in un campionato di “quarta serie”.
Il resto è storia recente, una storia fatta di esodi di 3.000 persone, di cortei a notte fonda, la stessa che ha accolto file interminabili di tifosi in cerca di un abbonamento per assistere alle partite del campionato di Legadue, quello che sancì il ritorno di Brindisi nel posto che le compete.
Certo, è il racconto di una storia che ha conosciuto anche pause, paure, come quella provata a cavallo tra i due secoli dopo la retrocessione nella “quarta serie” nazionale, con la successiva vendita del titolo, o come quella avvertita di recente, di diventare apatici, sordi al richiamo della storia, proprio come avvenuto in passato, allorquando si disconobbero le vocazioni ancestrali della città.
A scacciare i timori, però, arrivano puntualmente serate come quella di ieri, in cui Brindisi riesce a ritrovarsi all’interno del suo tempio, luogo in cui ogni cosa sembra tornare al suo posto, perfetta e completa come la relazione che i suoi cittadini vivono con il basket, ovvero con loro stessi, con la loro identità. Magia del basket, magia di Brindisi; peccato che non si riesca a trasporre tutto questo in altri ambiti.
Quando un rapporto è speciale, i primi ad accorgersene sono gli altri. E’ così che da anni Brindisi viene identificata con il basket, ovvero con la sua parte migliore, quella che le permette di estrinsecare l’anima vivace, allegra, costruttiva della sua gente.

Basti ricordare: le parole di Riccardo Pittis (giocatore che per anni ha calcato i palazzetti di tutta Europa) in occasione dell’incontro tra Roma e Brindisi trasmesso da Sky, il quale dichiarò di non aver mai visto nel corso della sua lunga e vincente carriera qualcosa di simile all’esodo dei brindisini; quelle di Peterson, dei vari telecronisti delle emittenti nazionali, dei giocatori e degli addetti ai lavori; quelle dei semplici sportivi italiani che ricordano ancora la Bartolini Brindisi e che, oggi, seguono le gesta dell’Enel; il recente servizio confezionato da Sky, che continua a mandare a rullo uno strepitoso speciale incentrato proprio sul rapporto endemico che intercorre tra la città e la sua squadra di basket, con tanto di immagini suggestive del porto al tramonto.
Insomma, per una città costretta a fare i conti con problemi di ogni natura, i cui figli sono costretti ad abbandonare le proprie famiglie, i propri luoghi, non è difficile capire quanto il basket incarni la voglia di rivalsa, il senso di appartenenza, l’orgoglio per le proprie origini, quest’ultimo quasi sempre frustrato dalle tante vicissitudini con le quali si devono scontrare le realtà del Sud.
Strano allora che tutti si accorgano della straordinarietà del fenomeno, tranne chi, per definizione, dovrebbe intercettare empaticamente ogni forma di espressione della città, a maggior ragione se eclatante come in questo caso.

Allora, cara Sindaca, vada per il resto, ma se non è in grado di cogliere quanto il basket rappresenti e possa rappresentare per i suoi cittadini, forse è il caso che si interroghi sul ruolo del Primo cittadino.
Quella per la squadra di basket è una fede incrollabile, e l’avvento di un grande personaggio come Meo Sacchetti non potrà che costituire benzina per far tornare alta, altissima la fiamma della passione. Se lei non crede in questa fede, è giusto che non metta piede nella “Mecca” dei brindisini.
Per intanto, non sa cosa si sta perdendo!

Andrea Pezzuto

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