Nella testa di un despota – di Raffaella Ricci

Mi domando cosa ci sia nella testa di un despota, qual è la sua logica, il suo modo di vedere il mondo, di pensare gli altri, che siano persone o stati, qual è il suo giudizio sulle democrazie.

Già, le democrazie che con tutti i loro difetti sono sempre meglio di un sistema totalitario dove a comandare è solo uno e la gente non può esprimere le proprie idee liberamente, pena l’arresto, la prigione o il confino, quando non un avvelenamento.

Mi domando cosa c’è nella testa di un dittatore, di un uomo che concentra nella propria persona tutti i poteri, anche quelli di vita e di morte sui suoi nemici, su un popolo vicino, un popolo chiamato fratello da un moderno Caino.

Perché è solo un Caino chi per brama di potere invade una nazione libera che ha l’unico difetto di trovarsi al confine. Uomini, donne e bambini, vittime innocenti, ospedali bersaglio di bombe, città assediate.

Forse la colpa è della NATO che si è espansa sino a includere anche i paesi dell’ex blocco sovietico, facendo esplodere a Putin la sindrome dell’accerchiamento. Forse la colpa è dell’Europa, troppo presa a discutere di se stessa per avvertire un pericolo nelle guerre dell’Ossezia del sud e la Georgia nel 2008, o nell’annessionedella Crimea nel 2014.

Ma al di là delle discussioni postume sulle responsabilità, adesso Putin ha invaso un paese libero, ne ha violato la sua sovranità territoriale e combatte non solo per annettere le repubbliche separatiste del Donbass e per aprire una via verso la Crimea, ma anche per perseguireil sogno di una grande Russia.

Nella sua testa doveva essere una guerra lampo, il volo di un’aquila che plana sulla preda senza che questa abbia il tempo di sottrarsi, e invece il popolo ucraino in qualche modo lo ha sorpreso opponendo una stregua resistenza.

Ha sottovalutato che avendo a che fare con un “fratello” questi aveva tutto sommato nelle vene il suo stesso DNA, lo stesso carattere, la stessa tenacia e determinazione.

I soldati ucraini e tutto il popolo ucraino sanno che non potranno vincere contro uno degli eserciti più potenti del mondo, ma continuano a combattere per allontanare il tempo della resa, per far sentire il proprio grido di dolore al mondo.

Sanno che il conflitto sarà sempre più cruento e richiederà il sacrificio di molte vite e mentre continuano a resistere chiedono a tutte le coscienze di non essere lasciati soli.

Sanno, e a questo punto sappiamo anche noi, che Putin non si tirerà indietro, non può perdere la faccia, e anzi alzerà sempre più il livello del conflitto. Minaccia la stessa Europa che ha sempre ritenuto impotentee con questa prova di forza ne tasta la reazione.

I governi di vari paesi, gli esperti di geopolitica, gli storici, i giornalisti dicono che bisogna fermarlo, fare intervenire le diplomazie, trovare un mediatore che sia in grado di far sedere le opposte fazioni a un tavolo vero di trattative, pagare in qualche modo un prezzo per non arrivare a una terza guerra mondiale.  Ma ci sono anche voci autorevoli che ipotizzano e auspicano una caduta di Putin ad opera dei suoi stessi generali e dell’élite russa.

Noi non sappiamo cosa c’è nella testa dell’ex colonnello del KGB, dell’uomo cresciuto nel mito dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, che nell’epoca della guerra fredda ha metabolizzato l’esistenza di due blocchi opposti e ordinati, uno giusto e l’altro sbagliato.  Putin continua ancora adesso a cercarli, anche se la Storia è andata avanti senza di lui.

Non sappiamo neanche che cosa accadrà, fin dove ci porterà questo conflitto. La propaganda russa narra una storia diversa, non una guerra ma un’azione di liberazione e unificazione, mentre Putin dichiara al mondo intero che è pronto a tutto e non si fermerà.

Viviamo questa guerra minuto per minuto, destabilizzati dalla valanga di notizie che ci travolge, dall’ondata di profughi, dai morti, dalle città distrutte, dalla minaccia del nucleare, dal popolo ucraino che resiste, dalle ragioni degli uni e degli altri, dall’inasprimento del conflitto, dalla paura, così tangibile, di una terza guerra mondiale.

Dopo, comunque vada a finire, non saremo più gli stessi.

Raffaella Ricci

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