“Mio padre, malato terminale di cancro, ‘sbattuto’ in Geriatria. Ed oggi mi è stato rifiutato l’ingresso per l’assistenza. E’ questa la sanità che avete a Brindisi?”

ospedale perrino

BRINDISI – E’ arrabbiata, anzi furibonda, la signora Cosimina Leuzzi, figlia del signor Lorenzo, 69 anni, malato terminale con un cancro al polmone. Il padre è residente a Brindisi, lei in Piemonte ma, dopo che a Milano gli è stato diagnosticato il tumore, le è stato consigliato di trasportarlo a Brindisi che, oltre ad essere la sua città (e ci vive anche il figlio), ha all’interno del “Perrino” un ottimo centro Oncologico, diretto dal prof. Saverio Cinieri. In realtà, nel nosocomio brindisino, il signor Lorenzo ci era già stato il 1° aprile scorso e per un mese intero, nel reparto di Pneumologia. Da lì, però, i figli lo portarono a Milano, dove gli diagnosticarono il cancro ma, essendo stato giudicato non operabile, si optò per il ritorno a Brindisi. In data 1 agosto, a seguito di una crisi respiratoria, i figli chiamarono il 118 ed il signor Lorenzo fu trasportato in ospedale.

Inizia qui il racconto della signora Cosimina, la figlia: “Dopo un calvario in pronto soccorso di oltre 16 ore, gli fu dato un letto in astanteria e finalmente, dopo due giorni, fu trasferito nel reparto di Oncologia, dove è rimasto per circa un mese e dove sono riusciti anche a somministrargli la prima infusione di chemio palliativa. A causa dell’abbondante ascite addominale (raccolta di liquido nella cavità peritoneale), a fine agosto è stato deciso di procedere con un drenaggio. In data 29 agosto mio padre è stato dimesso con un ricovero successivo, programmato per il 4 di settembre scorso, giorno in cui avrebbe dovuto fare il secondo ciclo di chemio. Per mancanza di posti letto, però, non è mai stato chiamato e, purtroppo, a casa, le sue condizioni sono nuovamente precipitate. Così, a seguito dell’ennesima crisi respiratoria, in data 6 settembre abbiamo nuovamente chiamato il 118. Arrivati al pronto soccorso, un altro calvario: dopo una attesa di 12 ore ed una consulenza oncologica che si limitava a dire che ‘visto l’aggravamento delle condizioni si decide di sospendere il secondo ciclo di chemioterapia’, mio padre, ormai facente parte della categoria malati terminali di cancro, è stato ricoverato in geriatria! Ora, mi chiedo se è così che vanno gestite queste situazioni. Ci siamo affidati al reparto di Oncologia di Brindisi perchè è così che ci è stato consigliato a Milano e non abbiamo motivo di dubitare della bravura del prof. Cinieri – anzi – ma la situazione in cui ci hanno lasciato è di totale abbandono per un malato oncologico. Io abito in Piemonte, dove ho visto situazioni simili a quelle di mio padre ed il trattamento riservato al malato era decisamente differente: intanto un malato oncologico non viene ricoverato in geriatria nè viene seguito da geriatri, ma da oncologi in reparto oncologia; ed inoltre esiste un supporto psicologico sia per il paziente che per i parenti. In oncologia continuano a dirci di attivare l’assistenza domiciliare, ma il piano terapeutico di mio padre, stabilito in fase di dimissione il 29 agosto, prevede la gestione del drenaggio toracico e di quello addominale: peccato che questo tipo di servizi non sono compresi tra quelli forniti! Quindi? Abbiamo sbagliato a rientrare a Brindisi? Avremmo dovuto continuare le cure a Milano o in Piemonte dove io sono residente? Non so più cosa dire, se non che mio padre sta morendo e l’unica cosa che ci viene detta è di attivare un’assistenza domiciliare che comunque non copre le necessità del malato; nè lo ricoverano perché – ci è stato detto così – “si dà spazio ai giovani”. Un uomo di 69 anni deve morire senza ricevere all’assistenza che gli è dovuta?”.

E poi la ‘ciliegina’ sulla torta. “Per un mese io e mio fratello siamo entrati ed usciti dall’ospedale ‘Perrino’ per dare assistenza a mio padre, senza che nessuno ci abbia mai fermato alla porta nè che ci abbia chiesto di esibire il permesso. Oggi sono rientrata a casa all’ora di pranzo per prendere delle magliette di ricambio per papà e, una volta arrivata all’ingresso, mi è stato impedito di entrare perchè non avevo il permesso. Io sono una persona che rispetta le regole, ma se nessuno – per un mese sano – mi ha mai detto che serviva un permesso della capo sala, come potevo saperlo da me? Al vigilantes ho chiesto che mi facesse entrare comunque e che avrei regolarizzato subito la mia posizione. Mi sono sentita rifiutare anche questo e mi è stato detto che potevo tornare all’orario di ingresso dei parenti. A me sembra di impazzire. Ma è questa la sanità a Brindisi?”.

Pamela Spinelli
Direttore responsabile

12 COMMENTI

  1. Signora hai sbagliato …… brindisi nn esiste nulla se nn uno eco sistema finanziato è mantenuto da noi…… meglio dire stipendiati inutili ……. Se li facessero tremare le sedie senza che la politica mettesse naso ….. vivremo serenamente e orgogliosamente …….. ITALIA

  2. L’ospedale di Brindisi ha sempre presentato.grosse pecche in più reparti e ora, con la chiusura degli ospedali limitrofi, la situazione non può che peggiorare. In realtà questa storia andrebbe inviata al Ministero della salute per fargli toccare con mano le situazioni vergognose a cui.molti pazienti sono soggetti oggigiorno!
    Solo loro potrebbero cambiare qualcosa.
    Alla signora consiglio di consultarsi con lo sportello del paziente per capire realmente come comportarsi…aiutano davvero i pazienti in difficoltà!

  3. Il vero errore è che ti abbiano fatta entrare per un mese senza dire niente.. al Nord col cavolo che entri fuori dall’orario di visite.

  4. Come ho commentato anche su’ Facebook, questo è quello che ci meritiamo noi del sud,sempre pronti a sopportare le angherie di una mala gestione politico clientelare fatta da imbecilli. Personalmente ho vissuto l’esperienza di mia figlia presso l’Istituto Tumori di Milano da non confondere con lo IEO,quando mia figlia è stata dimessa stante le condizioni critiche,lo stesso Istituto ha provveduto ad allertare l’assistenza domiciliare avendo anche lei un ascite addominale con catetere,noi abbiamo solo prodotto l’impegnativa del medico curante e contattato la struttura che ha garantito la presenza costante di un infermiere specializzato e un medico giornaliera con reperibilita’ di 24 ore oltre ai prelievi del sangue domiciliari presso la sua abitazione a Sesto San Giovanni (MI).
    Personalmente devo riconoscere che il personale medico,paramedico ed OOSS dell’ospedale Perrino sono costretti a lavorare in condizioni sempre più precarie grazie alla scelleratezza delle scelte politiche che hanno deciso la chiusura di altri ospedali della provincia. Ma a questo punto è naturale chiedersi perché con gli stessi soldi gli ospedali al Nord funzionano e il malato non è un numero ma una persona e al Sud è tutto uno sfacelo ? La colpa è solo nostra perché non facciamo valere i nostri diritti.

  5. Questa è la sanità pubblica non Brindisi tanto è vero che Milano ha consigliato di andare a Brindisi x liberare un posto a Milano. Io ho uno zio ad Udine di 78 anni in ospedale ad Udine, dopo le cure di primo soccorso è stato dimesso, dicendo che era meglio tenere un posto libero x gente più giovane.

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