Maria Luisa, in arte Monica

Certo che con il nome Maria Luisa Ceciarelliinadeguato alla sua bellezza, alla sua presenza fisica, al suo talento non sarebbe diventata la leggenda del cinema italiano e l’icona di stile che noi ammiriamo. Ma un nome sbagliato nel mondo dell’arte si po’ cambiare. E così Maria Luisa è diventata Monica. Monica Vitti.

Era di una bellezza sconcertante,intensa:il naso non perfetto ma di carattere, lo sguardomagnetico, da gatta, la bocca carnosa, le lentiggini, i capelli biondi e vaporosi e la sua caratteristica frangetta bionda.

E poi la sua voce, roca, graffiante che non sarebbe stata bene a nessuna se non a lei.

L’ho conosciuta anni fa durante le Giornate Professionali di Cinema, a un cocktail presso la sede dell’AGIS di Roma. Mi era già accaduto di incontrare in quelle occasioni personaggi vari dello spettacolo e, attenendomi a quanto l’etichetta richiedeva, restavo quasi imperturbabile come se fosse normale frequentare gli stessi posti che frequentavano i vip, trovarsi fianco a fianco al buffet, se non addirittura allo stesso tavolo, scambiarsi cortesie, o ritrovarsi davanti allo specchio della toilette a mettersi il rossetto o sistemarsi i capelli.

Ma con Monica è stata un’altra cosa. Era in un angolo della sala e parlava con qualcuno, non so, qualche produttore o direttore di casa cinematografica, sorrideva, anche il suo sorriso era inconfondibile, come la sua voce, la sua classe. Restai colpita da quella donna che riempiva la scena.

Tutto quello che le era intorno sembrava dissolversi in una nebbia di personaggi anonimi, di arredi inutili, di muri inconsistenti. C’era solo Monica,regale, bellissima e in quel momento stava guardando proprio me.

Nonostante per mia natura sia piuttosto schiva e non amo i comportamenti da fan, neanche quelli più sobri, non riuscii a sottrarmi a quello sguardo, a quel richiamo e, come un pezzo di ferro attratto dalla calamita, mi avvicinai. Quella volta ho fatto tutto ciò che in quegli ambienti non si fa. L’ho salutata con una eccitazione a stento trattenuta, le ho stretto la mano e ho balbettato qualche complimento confuso. Mi sembrò altissima, e lo era, ma in fondo tra me e lei c’erano solo cinque centimetri di differenza. Ed è stato mentre la mia mente affrontava questa incongruenza tra altezza reale e altezza percepita, che lei ha iniziato a chiacchierare con me.

Ci siamo allontanate dal gruppo di persone che le stava attorno e mi ha detto qualcosa, tipo che la stavo salvando da una conversazione noiosa, ha riso, ho riso anch’io, ma ero così emozionata di trovarmi davanti a una delle più grandi attrici italiane con cui mai e poi mai avrei pensato di potermi intrattenere così amichevolmente, che non ricordo niente di ciò che ci siamo dette.

Con una voce che riusciva appena a lambire le labbra e veniva fuori come un sussurro, prima di salutarla e stringerle ancora una volta la mano le ho chiesto se potevo baciarla come si fa tra amiche o con qualcuno che ci è molto caro. Avevo bisogno di quel contatto per credere che non stavo sognando. Lei si è appena chinata e io ho dovuto alzarmi sulla punta dei piedi. Non ho visto i suoi tacchi e non ricordo l’altezza dei miei; a pensarci ora, non può essere che cinque centimetri abbiano fatto tutta quella differenza, ma forse l’altezza di lei che ho percepitoaveva a che fare con qualcosa di diverso dalla dimensione fisica, come quando ci sentiamo piccoli, piccoli davanti a qualcuno che riconosciamo come “grande”.

E Monica grande lo era davvero.

Raffaella Ricci

 

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