BRINDISI – Passa anche da Brindisi, da Palazzo Nervegna a partire dalle 17.30, il tour del salentino Sandro de Riccardis, giornalista de La Repubblica, autore per Add Editore de “La mafia siamo noi”. Un libro che parla a noi tutti in un viaggio da Nord a Sud, senza distinzione alcuna, il racconto delle storie di chi lotta in prima persona nel luogo in cuivive, di chi cerca di intervenire nelle ingiustizie. La mafia siamo noi quando non ci chiediamo “Io che cosa posso fare?”, sopportando soprusi, degrado, abituandoci alla violenza.

 

La mafia siamo noi: da nord a sud non ci sono differenze?

Certo, ci sono differenze storiche e culturali nel nostro Paese, ma quello che ho voluto raccontare è un filo comune, ho voluto rendere evidente il ruolo dei singoli cittadini che nel loro territorio possono fare molto per essere attori protagonisti nella lotta alla mafia. “La mafia siamo noi” quando non ci accorgiamo di quello che ci succede attorno.

Non ci accorgiamo o non vogliamo accorgercene?

In certi casi non vogliamo accorgercene e preferiamo il quieto vivere. Spesso non ce ne accorgiamo davvero. Penso ai tanti giovani che partecipano alle manifestazioni di protestaorganizzate dall’antimafia, a quelli che sfilano dietro i volti di Falcone e Borsellino, e poi magari frequentano le discoteche gestite dai clan o vanno a cena nelle pizzerie in cui si ricicla denaro sporco. In quel caso la mafia sono loro, inconsapevolmente. In questo libro racconto storie di ragazzi che hanno cercato di capire cosa succedeva. Esiste un Liceo di Brescello, ad esempio, in cui i ragazzi hanno deciso di non frequentare più la discoteca dove andavano solitamente perché gestita dai clan. Lì c’è consapevolezza e voglia di cambiare.

Lei racconta di tre storie pugliesi, e tra queste anche la storia di Michele Fazio, ucciso per sbaglio a Bari il 12 luglio 2001.

Quella di Michele Fazio è una storia che parla dell’antimafia dei mafiosi. Nel loro percorso, i genitori di Michele hanno deciso di incontrare uno dei killer del figlio. Ci sono delle persone che sono state condannate al 416 bis che in carcere, spesso grazie ai cappellani, iniziano a fare i conti con il dolore che hanno provocato ed i parenti delle vittime iniziano a vederli anche come degli uomini che non hanno avuto la possibilità di scegliere. Quando ti raccontano che a 11 anni il padre gli ha dato la pistola per il primo omicidio, capisci che ci sono vittime anche dall’altra parte. Per accettare di fare i conti con il dolore che hai provocato bisogna dire fino in fondo la verità. E’ un percorso che lentamente, in molti in carcere, stanno avviando. Molti ex detenuti vanno nelle scuole a parlare ai ragazzini per fare in modo che evitino i loro stessi errori.

Tra le storie pugliesi c’è anche quella di Renata Fonte. Da salentino come ha vissuto quell’omicidio?

Mi sono accorto che alcune storie sono famose nel territorio in cui sono avvenute, ma non sono conosciute al grande pubblico. E invece sono molto importanti per far capire a tutti che chi vive in un territorio può fare la differenza. Renata Fonte, Francesco Marcone, amministratori del bene pubblico, volevano fare solo il loro dovere e si sono trovati in un meccanismo che li ha ostacolati e che non potendo bloccarli diversamente, li ha fatti fuori fisicamente.

10 COMMENTI

  1. Certo che a passare dall’armeria alla libreria ce ne vuole di fantasia.
    Io penso che però chi presenta questo libro deve stare attento a dove mette piede, almenocchè non lo faccia apposta.

  2. Intendo non puoi presentare questo libro senza neanche vedere di fare una figuraccia nota a un paese e una provincia intera.
    E i personaggi sono semrpe gli stessi…

  3. Questa è proprio anti-mafia social from Mesagne…
    Una sola domanda: ma quando la finiremo di vedere cosa sanno e “coprono” gli scout?

  4. Certo che in questa antimafia sociale o società civile mesagnese come ci tiene a farsi chiamare e guai, c’è proprio di tutto, si alla tavolata in pizzeria però…
    Compresa una lezione di Saviano: infatti la stampa locale raramente ha raccolto le denunce che cerca… e abbiamo assistito anche alla blogger (così ci ha tenuto a farsi chiamare, io pensavo che si fosse estinto già il termine) che ha lanciato strali dal suo seguitissimo blog in testa sua, ma non contro chi fa parte di una certa criminalità più o meno organizzata, di fatti da casa sua sono andati a bussare con i lampeggianti blu per i fanghi tossici della belleli di Taranto seppelliti tra Mesagne e Brindisi con la mano di qualche suo stesso cognome, casomai qualcuno pensa che ce li siamo dimenticti così come gli effetti che hanno già prodotto o produrranno.

  5. Sulla storia dei rifiuti tossici seppelliti negli uliveti tra Mesagne e Brindisi, manca un passaggio: al indomani a Mesagne hanno costituito un’associazione che …si doveva occupare delle cosa!
    Portano tutto a convegno: non so se vi ricordate un recente presidente del cosiglio, che intervenuto a Matera per un’inaugurazione, disse “quando si hanno degli elementi bisogna portare a processo! non fare i convegni sociali!”.
    Secondo me si riferiva a uno di questi che nella stessa mattina si teneva a Mesagne, sul caporalato! come sempre amici degli amici, caso mai crede che la gente non li conosce… per curriculum!

  6. Gli scout di Mesagne dovrebbero cominciare a fare autocritica da quando facevano lo scherzo al ultimo arrivato… del borsone pieno di armi in una particolare via, dove oggi per chi vorrebbe vedere c’è una libreria…
    Strano che lo sappiano pure fuori provincia e non proprio dove fanno gli incontri…

  7. Invece di porvi delle domande sui conti apposto degli altri: i nemici chevedete solo voi, giustamente… perché non ci dite con quali soldi aprite librerie nel arco di una furora come si dice a Mesagne… con quali soldi comprate sempre nello stesso tempo Mercedes modello “carro funebre” e color metalizzato per signora ecc. ecc?

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