La lunga notte dell'”Election Day”. L’America si risveglia repubblicana

Donald Trump

Gli Stati Uniti D’America hanno deciso: sarà Donald Trump il loro 45° Presidente per i prossimi 4 anni. Esce sconfitta e profondamente delusa la candidata democratica Hillary Clinton: non sarà lei infatti la prima donna a sedere nell’Ufficio Ovale, alla Casa Bianca.

E’ stata una notte lunga e drammatica quella che hanno vissuto i sostenitori dell’ex Segretario di Stato della presidenza Obama, travolta dal ciclone chiamato Donal Trump, che tutti i sondaggi davano indietro, ma che invece è stato capace di trascinare con sé quella che qualcuno già chiama la maggioranza silenziosa. Quella maggioranza che i sondaggi non hanno saputo intercettare e di cui non hanno saputo prevedere la scelta nell’urna.

Con il passare delle ore e l’arrivo dei primi risultati, ai quartier generali dei due sfidanti diveniva sempre più evidente il sorpasso da parte del candidato repubblicano. La Clinton a quel punto, ammessa la sconfitta, ha chiamato il suo avversario per congratularsi. Non ha voluto rilasciare, invece, nessun commento pubblico. Troppo cocente forse la delusione. E’ un momento durissimo.

La sconfitta è maturata in quegli stati considerati in bilico dove i democratici non sono riusciti a spuntarla. Alla mezzanotte italiana si chiudono i primi seggi, in Kentacky e Indiana considerati sicuri dai sondaggi per i repubblicani ed effettivamente conquistati da Trump. Poi è la volta del West Virginia con una vittoria schiacciante (68,7 contro il 26,5 della democratica). Hillary Clinton ha conquistato invece Vermont, Delaware, Illinois, Maryland, Massachusetts, New Jersey, Rhode Island, District of Columbia, New Mexico, ma già le prime dichiarazioni non lasciavano presagire nulla di buono: “ Comunque vada domani sorgerà il sole, l’America resta un grande Paese”, dichiarava il Presidente uscente Barack Obama, mentre la stessa Clinton twittava: “Qualsiasi cosa accada, grazie lo stesso”. Poi sono arrivate le vittorie in Virginia, California, Oregon, Hawaii e Colorado. Ma non sono bastate.

Trump invece ha inanellato una serie di vittorie decisive, s’è aggiudicato infatti Oklahoma, Mississippi e Tennessee, Alabama e South Carolina. Poi ha proseguito con Arkansas, Nebraska, South e North Dakota, Wyoming e Texas. E’ a questo punto che i giornali hanno cominciato a cambiare le proiezioni dandolo vincente con il 58%. L’ulteriore conferma è arrivata quando sono andati ai repubblicani Montana e Missouri, Idaho, Utah e soprattutto l’Ohio, considerato da sempre lo stato chiave, quella chiave che serve ad aprire la porta della Casa Bianca. Poi sono arrivati ancora Florida e North Carolina e ancora Utha, Georgia, Iowa, Pennsylvania e Alaska. E’ a quel punto che Trump, insieme al suo staff, si è diretto verso il quartier generale dove ad attenderlo c’erano oltre mille invitati pronti a festeggiare il futuro presidente.

La Clinton si ferma a 218 grandi elettori mentre Trump ne conquista 290, ben 20 in più rispetto ai 270 necessari per aggiudicarsi la vittoria. Trump è il Presidente. A New York, a Time Square, cala il silenzio. Le sue parole sono state: “Sarò al servizio di tutti, per gli Stati Uniti è l’ora di superare le divisioni”, dimostrando un cambio di registro notevole rispetto alla campagna elettorale.

I repubblicani hanno conquistato il “voto bianco” mentre i democratici non sono riusciti ad attrarre quello delle minoranze che invece fu decisivo per la vittoria di Obama contro Romney nel 2012. Clinton, probabilmente, paga l’incapacità di andare oltre la durissima critica al rivale e di entrare in sintonia con l’opinione pubblica, quella che l’ha sempre vista come un nemico, come la rappresentante dell’establishment, causa dei mali della società americana. E non è bastato nemmeno il sostegno convinto di Obama e di Michel. Trump da par suo invece si è posto come l’anti-establishment, come il nemico dei politici di professione, ha parlato agli ultimi e agli esclusi con una buona dose di populismo. Ma è una sconfitta ben più estesa quella dei democratici che non riconquistano né la Camera né il Senato. Con un Congresso completamente repubblicano, Trump potrà eleggersi i giudici della Corte Suprema. E’ una vittoria totale.

L’America s’è risvegliata repubblicana ed il Partito Repubblicano completamente nelle mani di Trump. E Obama sembra già un lontano ricordo.

Ernesto Rizzo
Redazione

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