La chitarra libera e “folle” di Palma Cosa – di Sebastiano Coletta

Palma Cosa non suona la chitarra, ne accarezza dolcemente le corde senza mai tradire il vigore e la passionalità che la sua musica poliedrica esprime. Il concerto che l’ha vista protagonista, nell’ambito della rassegna Vivinlive, segue a quello di Enrico Le Noci e il suo ensemble. Una successione non solo cronologica, perché è anche dal jazz che, sul finire degli anni ’60, nasce la musica new age, permeata delle dottrine filosofico-spirituali di un movimento che ebbe rapida diffusione in tutto l’occidente. Uno dei principi fondamentali della corrente new age,non così distante, “mutatis mutandis”,dal pensiero di Giordano Bruno, è che tutti gli elementi dell’universo sono spiritualmente interconnessi tra loro grazie a quell’energia primordiale che l’uomo ha chiamato Dio. La natura è al centro della filosofia new age, anche nella sua declinazione musicale, come dimostra Palma Cosa con il morbido e largo brano d’apertura, “Raggio di sole”.La tecnica fingerstyle, tradotta in Italia negli anni ‘70 da professionisti come Giovanni Unterbergere impiegata dalla nostra artista, si basa in parte sulla tecnica esecutiva dei chitarristi classici, cioè senza l’ausilio di un plettro. Sarebbe, però, un errore far risalire il fingerstyle alla chitarra classica: la sua vera origine è nel folk americano. Dunque un ulteriore trait d’union con la famiglia del jazz.Il finger style consente di sfruttare appieno la timbrica metallica della chitarra acustica, con un repertorio che spazia dal pop al country. Il brano “Siddartha” si riferisce al romanzo di Hermann Hesse non solo per il titolo, ma per la doppia anima della sua struttura musicale. Passaggi lenti e meditativi si alternano a battute tipicamente country senza un confine definito, come quello che, nel buddismo the revada, separa saṃsāra e nirvana, rinascita ed estinzione. “Believe”, terzo brano del repertorio, è una ventata di positività, un invito a credere in se stessi e nella vita anche nei momenti più difficili. La stessa fiducia che Palma Cosa ha riposto nella musica quando, ancora adolescente, si iscrisse al conservatorio “Paisiello” di Taranto. Figlia d’arte, Palma ha inseguito il suo più grande sogno e lottato per realizzarlo, affermandosi sulla scena nazionale con diversi premi e riconoscimenti.Una tecnica, la sua, che, unita alla perfetta padronanza delle sei corde, è in grado di coinvolgere l’ascoltatore in un vortice di emozioni pure.Scorrono veloci i circa 40 minuti del concerto e sembra di essere “Su una nuvola”, facendo nostro il titolo di uno dei brani eseguiti. Il famoso chorinho “Ticotico no Fubà” di Zequinha, interpretato da numerosi musicisti tra cui il grandissimo chitarrista flamenco Paco De Lucia, è riproposto dalla Cosa in una cover dal registro chiaroscurale che mette in risalto l’espressività più intima dello strumento. L’ultimo brano del concerto, “Crazyday”,è l’ennesima prova del notevole talento dell’artista tarantina, che trasforma i propri sentimenti in spirito creativo. “Crazyday” sintetizza l’insegnamento più grande della musica: lasciarsi trasportare dal ritmo folle che è nel cuore, “danzando sull’orlo dell’abisso” – per dirla con lo scrittore francese Grégoire Delacourt – senza paura di cadere. Solo aggiungendo un pizzico di follia e libertà alla grigia monotonia del quotidiano, impareremo ad apprezzare davvero ogni istante della vita.

Sebastiano Coletta

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