“La ASL BR mostra le sue debolezze soprattutto con chi ne ha più bisogno”

  Al Direttore Generale ASL BR

                                                                        Al Direttore Sanitario ASL BR

                                                                        Al Direttore Amm.vo ASL BR

La situazione delle pazienti oncologiche in lista di attesa nella UOSD “Breast Unit Chirurgia Senologica” di Brindisi come continuiamo a sostenere da tempo con forza, continua ad essere complicata.

È fuor di dubbio che la patologia oncologica non può essere differita, malgrado questo giungono continuamente segnalazioni di donne che non trovano risposte al loro grido di aiuto a causa dei tempi d’attesa superiori ai due mesi, condizione questa che pregiudica la serenità sia delle pazienti che delle loro famiglie.

Patrimonio comune è lo studio pubblicato dal British Medical Journal dove si stabilisce che un mese di ritardo nell’inizio delle cure è associato a un aumento della mortalità che va dal 6 al 13% per le più comuni forme di cancro, questo a prescindere dal tipo di trattamento rimandato: interventi chirurgici, chemioterapia e radioterapia. Ancor più preoccupante l’affermazione dei ricercatori: rimandare di otto settimane il primo intervento per un tumore al seno fa aumentare del 17% il rischio di morte; di 12 settimane, fa salire questo rischio al 26%. Questa è esattamente la casistica a cui si sottopongono le donne bisognose a queste longitudini territoriali.

Abbiamo cercato di comprenderne le ragioni e con un assoluto compiacimento, leggendo i dati AGENAS pubblicati nel 2020 abbiamo scoperto che, nonostante l’Unità Operativa Breast Unit Chirurgia Senologica, diretta dal ResponsabileStefano Burlizzi, è definita una Unità Operativa di media entità, rimane un riferimento di eccellenza per tutto il territorio regionale, atteso che, genera in contrapposizione al dato medio aziendale, mobilità attiva, tanto che i numeri di interventi chirurgici prodotti sono quasi sovrapponibili a quelli del blasonato Istituto Oncologico barese. Non solo, questa UOSD è stata individuata dalle pazienti delle tre province del grande Salento come quella in grado di offrire trattamenti più qualificati nella cura del cancro mammario, salvo poi doverci rinunciare per ripiegare su altri ospedali, regionali ed extraregionali, in grado di garantire tempi più consoni

Oggi l’assetto assistenziale ottimale di queste pazienti è un po’ labile perché quella in parola è stata trasformata in una Unità Operativa “nomade”, infatti a causa del Covid (così si dice) il reparto da troppo tempo vive una condizione precaria di accorpamento nella Chirurgia Vascolare. Ci chiediamo: ma è normale accorpare un reparto che si occupa di chirurgica oncologica quando a memoria non ci risulta che questo sia accaduto in nessun’altra Azienda del territorio regionale?

Si aggiunga che le sedute operatorie di questa branca sono chiaramente insufficienti e che a causa della carenza numerica dei chirurghi plastici, mancherebbe il giusto supporto alla ricostruzione mammaria, condizione questa che determina un vulnus sia dal punto di vista chirurgico che da quello psicologico così minato dalla condizione sfavorevole delle pazienti.

Si ritiene che quanto innanzi non solo influisca negativamente la soglia dell’attività “salva vita”, ma contribuisca ad aumentare le disuguaglianze relative al soddisfacimento del fabbisogno di salute regionale, condizionando negativamente il diritto alla salute garantito dalla Costituzione. Insomma, una situazione non più tollerabile.

Nel frattempo la politica regionale si sbraccia, a ragione, nell’annunciare di aver varato una nuova legge, bellissima, mirata al potenziamento degli screening sul tumore al seno per individuare precocemente la presenza di malattia in persone che non ne presentino ancora i sintomi, una tappa importantissima che obbliga però ad una domanda: assicurare una diagnosi precoce senza che ci sia il supporto sanitario adeguato significa alimentare i viaggi della speranza?

Atteso che, a nostro avviso con un minimo sforzo di visione strategica questi problemi possono essere superati agevolmente, chiediamo alle SS.LL. di fare presto e bene al fine di evitare a chi non è in grado di “spendere” moneta per muoversi al di fuori della regione possa incorrere in condizioni che possono sfociare in drammi. Bisogna investire sulle professioni sanitarie e più in particolare in quelle mediche prima che avvenga una migrazione dei pochi medici superstiti attratti sia dalle offerte che pervengono dal privato spronati dalle cattive politiche di programmazione aziendale.

                                                                                  Il Segretario Agg.to

                                                                                   Giuseppe Lacorte

 

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