BRINDISI – L’allarmismo per le sfiammate ravvicinate della torcia dell’impianto di Eni-Versalis, l’avvicinarsi della deadline fissata dalla Sen al 2015 per la centrale Enel, i drammatici dati emersi in questi giorni sulla disoccupazione – ed in particolare quella giovanile – nel nostro territorio e l’avvicinarsi delle elezioni amministrative meritavano un approfondimento con il Presidente di Confindustria Brindisi Giuseppe Marinò, pertanto abbiamo chiesto al leader degli industriali di tracciare la linea su tali questioni.
Presidente, secondo i dati al 31 dicembre del 2017 forniti dal Settore Politiche Attive del Lavoro della Provincia di Brindisi, nel Capoluogo, dove l’economia è trainata dall’industria, si registra il 35,85% di disoccupazione, mentre a Fasano, Carovigno ed Ostuni, ovvero i Comuni a maggiore trazione turistica, la disoccupazione si attesta rispettivamente al 25,70%, 25,99% e 29,09%. Che lettura dà?
“Preferisco non commentare dati di questo tipo perché portano a fare considerazioni a volte inutili. Il bello è che mentre snoccioliamo i dati del nostro territorio, Istat oggi ha comunicato quelli relativi all’occupazione riguardanti il primo trimestre 2018, dai quali emerge un miglioramento dell’occupazione giovanile come non accadeva da anni. Alla luce di questo, la domanda che mi sorge spontanea è dunque la seguente: ma questa provincia è in Italia? Il sistema Paese nel suo insieme continua a dare segnali positivi, mentre nella nostra area continua ad emergere una criticità occupazionale, che interessa soprattutto i giovani.
Per quanto concerne poi le differenze percentuali inerenti la disoccupazione tra Brindisi e gli altri tre Comuni citati, bisogna leggere i dati andando a vedere i numeri sui contratti a tempo indeterminato e determinato. Il comparto del turismo, per questa provincia e per l’intero Paese, rappresenta sicuramente una grandissima risorsa, e tanto c’è ancora da fare in questo senso. Senza ombra di dubbio i tre Comuni a cui si fa riferimento beneficiano dell’effetto traino legato al turismo, ma il bacino complessivo in termini di macro-numeri evidenzia per Brindisi una stabilità di occupati nel settore industriale che interessa migliaia di persone, stabilità che probabilmente non può garantire il lavoro stagionale. Il settore turistico è assolutamente apprezzabile ma è legato alla stagionalità: i bisogni delle persone, però, non sono legati alle stagioni ed il diritto di ottenere un posto di lavoro non può dipendere dai periodi dell’anno. Ciò, senza nulla togliere a quanto il turismo sta apportando a quei territori: penso ad esempio a Fasano, che con la serie di strutture ricettive che ospita fa da traino all’intera provincia”.
Altro dato sconvolgente: a tre anni dalla laurea, in Italia lavora solo il 58% degli under 35 contro l’82,7% della media europea. Non osiamo immaginare la percentuale che si registra nel Mezzogiorno ed a Brindisi…
“Un Paese che vuole stare al passo con i tempi deve puntare su un progetto formativo: il futuro di questo Paese non può che passare attraverso la scuola. Il dato a cui facciamo riferimento è relativo ad una distribuzione delle logiche di laurea che noi contestiamo: non è possibile pensare che chi potrebbe trovare occupazione, come ad esempio gli studenti di medicina, debba sottostare al principio del numero chiuso ed essere costretto quindi a studiare all’estero oppure ad iscriversi ad altre facoltà. Perché ad esempio gli ingegneri sono tutti occupati e gli avvocati invece fanno fatica? Se le esigenze, o meglio, se la domanda e l’offerta non si incontrano, si crea solo confusione. Ho letto che tra 10 anni non sapremo come soddisfare la domanda di medici, ma continuiamo a mantenere questo modello secondo il quale in 10.000 partecipano ai test di medicina ed in 200 li superano. Perché frenare la voglia di questi ragazzi di intraprendere quel percorso?”
Chiudendo l’excursus sui numeri poco edificanti fatti registrare dalla nostra area in termini di occupazione, si apprende che la disoccupazione giovanile in Puglia è tripla rispetto a quella europea, mentre è doppia quella totale. Nel corso della manifestazione nazionale della CONF.I.A.L tenutasi a Brindisi, Antonio D’Amore, esponente di Confesercenti, ha affermato che il lavoro c’è anche a Brindisi ma mancano figure formate adeguatamente. Condivide? Che figure servono? Come colmare questa lacuna?
“Stiamo puntando da tempo, attraverso l’alternanza scuola-lavoro, sull’incrocio tra scuola ed impresa: questo percorso di formazione consente ai ragazzi di prendere contezza di quello che il mondo del lavoro offre e richiede. Siamo in un territorio che chiede periti: se andiamo a vedere cosa sta accadendo nell’ambito della formazione, vediamo che i ragazzi che si stanno diplomando negli istituti tecnici stanno ricevendo più offerte lavorative, e questo perché in questo territorio c’è grande richiesta di figure tecniche.
Qualche anno fa mi permisi di fare un commento sulla capacità di attrarre turismo: si parlava dell’opportunità di accogliere i turisti russi, ma come vorremmo accoglierli, comunicando a gesti con loro? Invece di continuare a litigare quotidianamente tra chi vuole chiudere alcuni impianti e chi non vuole la realizzazione di altri, dovremmo occuparci nel merito delle istanze e delle esigenze dei cittadini, anche sotto l’aspetto della formazione. Non mi pare che si siano intrapresi percorsi atti ad offrire servizi aggiuntivi a chi viene in questo territorio. Condivido quindi quanto affermato da Antonio D’Amore. Faccio un esempio: attraverso i ragazzi impegnati nell’alternanza scuola-lavoro stiamo offrendo una migliore accoglienza ai crocieristi, ma lo stiamo facendo a tempo scaduto, perché queste cose si pianificano prima. Diciamo che il quadro politico di riferimento non può essere limitato solo al Comune di Brindisi, ma va alargato alla Regione: certo, ci sono aree che si sono organizzate meglio di altre”.
Si avvicinano le elezioni amministrative: cosa chiede ai candidati Sindaco? Com’è il suo candidato Sindaco ideale?
“Intanto mi auguro che il prossimo Sindaco possa governare per almeno un mandato intero, ma anche due. Il mio candidato Sindaco ideale deve fare un’analisi serena del contesto storico del territorio e di quello che ha offerto all’intera provincia, senza dimenticare che l’Italia è il secondo Paese manifatturiero d’Europa dopo la Germania. Bisogna convivere tutti assieme senza estremismi. Spero che il prossimo Sindaco non ci presenti un nuovo modello, che magari si potrebbe realizzare, ma nei prossimi 100 anni. La programmazione deve essere suddivisa in breve, medio e lungo periodo. Se uno mi racconta che tra 50 anni sarà diverso, la domanda che mi pongo è: nel frattempo che faccio?”
Chiudiamo con gli impianti di Enel ed Eni-Versalis: per il primo che futuro vede dopo il 2025? Per quanto concerne il secondo, invece, è giusto chiedere un sistema di monitoraggio più completo?
“Riguardo Enel, la Strategia Energetica Nazionale dice che l’Italia, volendo – e trovando le giuste dinamiche -, potrebbe uscire dal carbone entro il 2025: nessuno però sottolinea che c’è bisogno di qualche miliardo di euro per mettere in pratica un progetto di questo tipo. Credo che il 2025 non sia un traguardo realisticamente perseguibile. L’Italia ha ancora 5 impianti che producono energia da combustibili fossili – tra i quali quello di Cerano – e che garantiscono un certo equilibrio energetico; pensate che in Europa ce ne sono 280 di impianti di questo tipo. Mi chiedo allora: se noi usciamo entro il 2025 dalle fonti fossili, ovviamente facendo un enorme passo in avanti in termini ambientali, ma compiendo anche un enorme sacrificio come Paese, il resto dei Paesi europei siamo sicuri che si adeguerà? Chiuderanno tutti assieme contemporaneamente anche gli altri 280 impianti? Qualche settimana addietro ho visto che in Germania hanno evacuato un paesino ed hanno distrutto una chiesa storica perché lì sotto c’è una miniera di carbone, ma da noi tutti continuano a parlare di Cerano, di una centrale che produce 1/3 di quello che produceva e che può essere considerata un modello per tutte le altre, anche per i tedeschi.
L’ing. Starace è stato l’A.d. di Enel che ha rivoluzionato l’indirizzo strategico dell’azienda ed è stato colui il quale ha alienato e dismesso tanti impianti. Ha dimostrato con i fatti che si può dare un indirizzo nuovo. Per quanto riguarda i 5 impianti rimasti attivi, però, c’è da considerare il mantenimento dell’equilibrio del sistema energetico nazionale: probabilmente non siamo ancora pronti per dismettere gli ultimi 5 impianti rimasti. Tra l’altro, i due impianti più grandi, che costituiscono un modello per gli altri 280 in giro per l’Europa, non possono essere alienati se prima non si decide cosa fare in alternativa. Se saremo chiamati a riconvertire l’impianto di Cerano ed a fare cose diverse cercheremo di adeguarci, ma chi fa questo mestiere da una vita fa fatica ad immaginare che dall’oggi al domani si possa dismettere quell’impianto, garantire un equilibrio energetico ed assicurare un futuro ai lavoratori. Tra l’altro, se un’azienda vuole chiudere un suo impianto, deve comunque essere autorizzata dal Governo, perché questi impianti servono al bene del Paese.
Venendo invece alla domanda su Eni-Versalis, dico che la Regione Puglia si è dotata di un regolamento sulle emissioni in atmosfera che è uno dei più stringenti a livello nazionale ed europeo, e questo è da considerare un merito. Negli ultimi anni, inoltre, sono stati effettuati in questo territorio investimenti che hanno superato il miliardo di euro, e ciò per efficientare gli impianti: pertanto, non credo che ci sia nessuno che si voglia tirare indietro rispetto a queste necessità. Prendo ad esempio i dati pubblicati nei mesi scorsi su Il Sole 24 Ore in merito alla qualità dell’aria: non possiamo continuare a parlare male di noi stessi anche quando siamo virtuosi. Quando è venuto il direttore generale di Arpa Puglia e ci ha detto che questo territorio, in merito alle centraline di controllo, ha una situazione che non ha eguali in nessun altro territorio, io ne prendo atto e dico che siamo messi meglio degli altri. Se qualcuno sostiene che possiamo fare ancora di più, va bene, però al netto di chi continua a lanciare allarmi infondati, il dato oggettivo mette in rilievo che la qualità ambientale di questa area è enormemente migliore di quella di altri siti in Italia. Questo vuol dire che o c’è un grande imbroglio che viene perpetuato da anni oppure ci si deve rimettere alle evidenze che ci dimostrano che qui non si arrecano danni all’ambiente superiori a città come Napoli, Roma, Milano, Frosinone. Direi che tra quelli che stanno male, noi stiamo decisamente meglio di moltissimi altri.
Tornando all’impianto di Eni-Versalis, il sistema di controllo di quell’impianto è analogo a quello di controllo e di emergenza di tutti gli altri impianti nel mondo. E’ come avere l’auto con il tubo di scappamento: se il sistema va in emergenza, ben venga che ci sia questa procedura di emergenza. Eni sta lavorando da anni per continuare a migliorare questi sistemi. E’ evidente come gli impianti in oggetto rispettino le regole, perché altrimenti verrebbero fermati.
Purtroppo, come dico sempre, gli altri ci vedono meglio di come ci raccontiamo: questo è il male del nostro territorio.
Andrea Pezzuto
Una pacata, completa, reale e sfidante analisi del leader della confindustria locale. Senza caccia alle streghe, senza pressapochismi. Mi spiace per lei, presidente. Ma così sembra molto poco italiano…..
Analisi soddisfacente e ritengo che per ENI-Versalis,niente da dire,per l’ENEL che dovrebbe dismettere nel 2025 la vedo nera se non si ha il coraggio nelle varie istituzioni di affermare che si puo’ convertire,magari facendo approdare la TAP,dal carbone al gas. Il territorio da Cerano sino a Torchiarolo non subirebbe impatto ambientale e toglieremmo il problema a S.Foca di Melendugno e che comunque in contrasto con pari investimento con un’altro approdo previsto ad Otranto. Penso che sia la soluzione migliore. Vedremo.
In questa intervista non si fa nessun riferimento agli studi che negli ultimi anni hanno dimostrato scientificamente la relazione fra le malattie e le morti causate dalle emissioni dei grandi impianti industriali di Brindisi: buttiamo all’aria gli studi guidati dal dott. Forastiere, per esempio, o quelli del CNR. Il fatto che a Napoli, Roma, Milano, Frosinone l’aria non sia buona non significa niente, non è una gara a chi ha l’aria più pulita o più sporca! Qui stiamo parlando che non è garantita la salute dei cittadini! Continuiamo a morire, tanto poi ci pensa Marinò!