Il bello deve ancora venire: i brindisini si identificano nella fame di questa squadra. Ora non resta che prendere l’ascensore per il cielo, per ora sfiorato con un dito

BRINDISI – Tony Gaffney piegato sulle gambe dalla delusione e dalla fatica di chi ha lasciato cuore, anima e salute su quel parquet; Nando Marino che piange a dirotto sotto la curva; i tifosi che 15 minuti dopo la fine della gara cantano ancora a squarciagola l’amore per la loro città tra un singhiozzo e una lacrima dettati dal fatto di essere arrivati a un metro da una vittoria che sarebbe rimasta nell’albo d’oro, ma che sarebbe comunque valsa meno in confronto alla vittoria ottenuta fuori dal campo, dove tutti finalmente si sono sentiti orgogliosi di essere brindisini, e questo vale più di 100 coppe; le lacrime dei giocatori e dei dirigenti; il volto di John Brown durante la premiazione dal quale traspariva tutto lo scoramento di chi in maniera famelica prende a morsi la vita in ogni secondo e dà tutto se stesso per sé e per quelli che gli vogliono bene; il coro a fine partita per Gaffney, che da brutto anattroccolo preso di mira da qualcuno si è ritrasformato nel cigno ammirato nel corso di tutta la sua carriera, quando sotto canestro non passava neppure l’aria; le piazze del centro di Firenze di domenica mattina prese d’assalto da centinaia di brindisini, grandi e piccini, che con orgoglio hanno intonato cori esibendo rigorosamente una sciarpa, una felpa, insomma, qualunque cosa li identificasse come brindisini, esternando in tal modo orgoglio e senso di appartenenza che hanno sostituto un certo snobbismo/autolesionismo che porta spesso tanti figli di questa terra a disconoscere le proprie radici e quasi a ripudiarle.

Sono questi alcuni dei mille frame che scorrono nella mente e che rappresentano il distillato del miracolo compiuto da questo gruppo di giocatori con un’anima bella da morire, da una società che rappresenta un vanto per la Puglia e da uno staff tecnico-dirigenziale di primo livello.

Vitucci a Varese perse la finale di Coppa Italia, e come quella squadra, questa sua nuova creatura esce dalla tre giorni di Firenze con la consapevolezza ancora maggiore di valere per qualità tecniche, tattiche e umane i primi 4 posti del campionato e la semifinale scudetto, la stessa che raggiunse quell’anno a Varese.

Con questo Gaffney, con il rientro di Clark, che contro la Cremona di Travis Diener sarebbe servito come il pane per dettare i ritmi giusti (mai come questa gara si è vista la differenza tra una squadra con un play vero e Brindisi che gioca con guardie adattate a play) e con una comunità che si identifica nella fame di questo gruppo e che vede in questa squadra un ascensore per un riscatto morale e sociale, nessun obiettivo è precluso. Nessuno. Il bello deve ancora venire, potete giurarci.

Andrea Pezzuto

3 COMMENTI

  1. Regolamento assurdo e disparità inspiegabile.
    Come può una squadra che vince e passa il turno alle ore 23.00 di venerdì, che si dilunga per ore con lantidoping e va’ a riposate a notte inoltrata dopo due giornate consecutive di Stress fisico e mentale e torna in campo dopo poche ore, misurarsi con un’altra che invece ha giocato giovedì pomeriggio?
    È evidente la disparità, dopo due tempini il crollo fisico.
    Grazie comunque ragazzi, siete stati grandi. Siete l’orgoglio di Brindisi.

  2. Non ho commenti da fare se non un grande plauso ad Andrea per aver scritto un bellissimo articolo, inducendo a noi lettori, forti sensazioni. Bravo Andrea!!!

  3. Io brindisino, a Roma per lavoro sono orgoglioso di questi ragazzi ….
    sono stati grandiosi e la società e da lodare in Toto per gli sforzi fatti
    Un applauso a tutti

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