“Cultura e Qualità”, è la strada (del vino) da seguire

Ho letto con grande interesse e curiosità i punti affrontati da Paolo Perrino nel suo intervento affinché Brindisi investa sulla sua denominazione (Brindisi DOC). Non solo sono pienamente d’accordo, ma ho sentito il desiderio di aggiungere alcune mie considerazioni.
In questi ultimi anni, ho dedicato tempo e studio, con grande passione e curiosità, sempre crescente, a tutto ciò che gira intorno al vino, che mi ha portato, non solo ad approfondire le dinamiche del nostro territorio, ma anche ad apprezzare come tutto ciò è inteso e valorizzato in altre regioni. Immaginiamo per un attimo la zona del Barolo in Piemonte, del Chianti in Toscana, della Valpolicella in Veneto.
In tutte queste realtà ci sono due concetti che sono portati avanti in modo parallelo, con unico comune denominatore: la valorizzazione del territorio. Un primo concetto fondamentale è quello che dice Paolo nell’articolo, riguardo la possibilità di visitare e rendere il più possibile le cantine accessibili, con protezione-valorizzazione del prodotto, della zona, con la possibilità di sviluppare percorsi enogastronomici (la “Strada del Vino” a Termeno è un esempio lampante di come si possa valorizzare al massimo il territorio e fare sinergia tra le varie cantine). Il secondo concetto sul quale, a mio parere, bisogna insistere è quello di trasmettere a tutti una cultura del vino. I corsi dell’AIS (Associazione Italiana Sommelier), di cui faccio parte, sono indubbiamente affascinanti e stimolanti e personalmente li consiglio, ma potrebbero, per chi non ha come obiettivo quello di diventare Sommelier professionista, anche essere troppo lunghi e impegnativi. Per questo auspico che, sempre con l’AIS, si potranno presto organizzare dei seminari, magari in collaborazione con le cantine del territorio, per un approccio alla degustazione e per una maggior conoscenza delle nostre denominazioni, in modo da coinvolgere sempre più persone ad avvicinarsi a questo meraviglioso e affascinante mondo, avendo maggior consapevolezza di ciò che si beve. Questo aumenterebbe la curiosità e il grado di conoscenza. Non possiamo fermarci a “vino bianco o rosso”, è una domanda che non possiamo più permetterci, perché controproducente, abbassa la nostra competitività, vanificando il lavoro di chi fa degli enormi sforzi per promuovere il territorio.
Ci sono tanti amici ristoratori e addetti al settore che investono nei propri locali e nelle proprie attività, non senza sforzi, ampliando la propria carta dei vini, le selezioni, la tipologia di offerta, la qualità. Molto, però, dipende anche da noi, dalle nostre richieste, dalle nostre pretese e dal non farli sentire soli come se fossero delle piccole realtà, devono (e dobbiamo) essere tutti a fare uno sforzo in più.
Dobbiamo entrare nell’ottica che, come Brindisi è una città di mare ed è impensabile che qualcuno non sappia nuotare, così è inconcepibile non apprezzare davvero ciò che si beve, conoscere i nostri vini, tutti gli sforzi che ci sono all’interno di una bottiglia, avere ben chiara la differenza tra un primitivo, un negroamaro e un susumaniello, sentirla, saperla trasmettere, saperla promuovere; solo conoscendola davvero il salto di qualità sarà un passaggio obbligato e naturale.
Non dobbiamo limitarci ai periodi estivi, questa città deve respirare cultura (in questo caso quella enologica), lo merita, ma lo deve fare tutto l’anno, così non solo saremo più preparati e più ricchi della nostra storia, ma saremo anche realmente pronti a promuoverla nei periodi di maggior turismo. La preparazione deve avvenire costantemente, “dobbiamo alzare l’asticella”, si deve percepire il prestigio e la qualità che questa terra è in grado di offrire.
Il nostro deve essere un prodotto pregiato e, come tale, promosso.

Alessandro Valentini

Degustatore Ufficiale AIS

 

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