CMC, Uilm: “Cronistoria di una delocalizzazione annunciata”

I 50 dipendenti della CMC srl di Carovigno, nella mattinata di venerdì 28 novembre hanno impedito che un camion con targa polacca portasse via su richiesta della Leonardo company degli scali produttivi su cui le maestranze della CMC e la stessa azienda avevano improntato l’intera l’occupazione pur stando già in regime di Cassa integrazione.
La Uilm in assemblea e davanti ai media prende una posizione chiara e netta a sostegno delle maestranze “gli scali non devono partire” per permettere alla rappresentanza sindacale di avviare un tavolo di confronto alla ricerca di eventuali soluzioni per garantire continuità lavorativa allo stabilimento e quindi agli operai. L’assemblea si conclude all’unanimità e l’azienda prende atto, rassicurando le maestranze che il camion non avrebbe caricato gli scali fino alla pianificazione di un altro incontro con le sigle presente.
alle 7 di mattina del 29 novembre la Uilm apprende dalle maestranze che attraverso uno stratagemma non proprio rispettoso della volontà dell’assemblea e degli accordi presi, gli scali sono stati caricati dalla CMC durante la notte e già partiti per la Polonia.
La Uilm esterrefatta da questo comportamento ha poi appreso che la stessa CMC è anche proprietaria di uno stabilimento in Polonia, questo elemento aggiuntivo ci ha preoccupato ulteriormente perché vorremmo scongiurare che Leonardo (azienda a partecipazione statale) non abbia, in sintonia con l’azienda tolto dei carichi di lavoro in Italia per creare ulteriori opportunità di lavoro proprio in Polonia, facendo rimanere lo stabilimento di Carovigno un’altra cattedrale nel deserto della desertificazione industriale del comparto aeronautico brindisino.
La Uilm ha subito chiesto l’apertura di un tavolo di crisi alla Task Force crisi aziendali Regione Puglia
per affrontare questa vertenza e per non permettere più che questo territorio già maltrattato sia ulteriormente depauperato e che i 50 dipendenti della CMC non siano altre 50 maestranze che si aggiungono alle altre centinaia di vittime della delocalizzazione di Leonardo

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