La tradizione delle luminarie salentine nelle mani dei giovanissimi: Francesco ed il suo progetto Klama Lights, simbolo di lavoro, manualità e devozione alla cultura salentina

MERINE – In tutto il Salento c’è una tradizione che ogni estate e in occasione di ogni festa religiosa regala una scenografia ai vicoli dei piccoli comuni: quella delle luminarie, architetture di luce che vengono montate e smontate con maestria accompagnano le feste patronali e raccontano la devozione naturale e il senso di comunità.

Nel cuore dei salentini e non, quest’usanza ha scavato radici così profonde nei ricordi delle persone che c’è chi ne ha fatto un lavoro e chi un hobby.

È il caso di Francesco Mello, classe 1997, e di quella che appunto è una passione nata per scherzo tra le mura del garage della propria casa.

“Ho sempre amato il fai da te e imparare cose nuove in generale. In particolare mi è sempre piaciuto lavorare il legno: ho anche un po’ seguito quella che è la moda attuale, sembra essere scoppiata la moda delle luminarie. Ho pensato: perché non provare a realizzarle? Non dovrebbe essere complicato.”

Eppure, tutt’altro: dopo uno studio approfondito sui materiali e quant’altro, è venuto da sé capire il lavoro e l’impegno che stanno dietro alla realizzazione di questi piccoli capolavori.

“Faccio un lavoro molto frenetico in cui sono immerso totalmente nel contesto di quell’ambiente. Realizzare questi oggetti mi permette di riconciliarmi con il territorio e con la mia passione, riportandomi alle radici. Nella vita frenetica che facciamo tutti, non ci rendiamo conto che non riusciamo ad apprezzare nulla. Se andiamo ad una festa patronale, in particolare modo noi salentini, siamo abituati a vedere tutto ciò, per questo non ti fermi mai davvero ad osservare per bene una luminaria. Ci passi, fai una foto, vedi quant’è bella ma non ti fermi a pensare al lavoro, alla progettazione che c’è dietro, ma anche a quanto sia avanzata la tecnologia della loro realizzazione. Io invece l’ho capito appassionandomici: è come quando vai in pasticceria e compri un dolce che hai imparato a fare a casa. Sai quanto è lungo il procedimento della sua ricetta e questo ti fa dire  quanto è bravo il pasticciere che l’ha preparato. Questo modo di pensare mi ha fatto conoscere un altro punto di vista delle cose”.

In un contesto sociale e culturale in cui tutto è realizzato secondo la regola del “produci e consuma”, per turisti e non l’artigianalità e l’handmade sono simbolo di qualità, originalità e genuinità. Seguendo la tendenza di queste “luminarie da muro”, spesso vengono stampate industrialmente e fabbricate in serie. La forma viene tagliata meccanicamente, in modo da farla risultare perfetta e precisa. Questo fa dimenticare la bellezza di un oggetto artigianale, dell’impegno che vi è dietro e dell’unicità del pezzo acquistato che gli viene data anche dalla presenza di un difetto.

Francesco e chi come lui realizza questo tipo di oggetti, rendono unico un oggetto nonostante esso sia frutto dalla fantasia di molti.

“Se si pensa alla storia, mi piace essere fra chi chi realizza queste sculture e, nonostante ad oggi io utilizzi la tecnologia attuale, allo stesso tempo conosco ed apprezzo le tecniche rudimentali di qualche decina di anni fa, quando le prime luminarie venivano realizzate in apparati così grandi (come sono adesso), ma al posto delle luci c’erano delle candele. La gente si metteva ad accenderle una ad una. Sullo stesso pezzo di legno, siamo passati dalle candele in piccoli vasetti alle lucine a LED a basso consumo, colorate e quant’altro.. In qualsiasi ambito, si parte sempre da pochissimo, dal niente.”

Le forme vengono realizzate prima su carta a dimensioni naturali: il disegno viene scelto da internet e modificato a piacimento, poi reso digitale e stampato in copisteria.

Seguendo il disegno sulla carta, Francesco realizza successivamente il taglio, cominciando con un pannello di legno di pioppo multi-strato.

Lo scarto riesce a riciclarlo per delle lampade più piccoline o per dei piccoli lavori in casa.

Da tradizione si usa il legno precedentemente citato o il fenolico marino multi-strato, entrambi dei legni che sono duri ma facilmente lavorabili: essendo già stagionati, si evita il rischio che essi possano gonfiarsi a causa del caldo o dell’umidità. Lo step finale sono due o tre passare di una vernice speciale che rende impermeabile il tutto.

Ultimamente, però, il giovane artigiano si è attrezzato con delle dime in MDF al posto della carta, vale a dire il ritaglio della forma richiesta su un altro pezzo di legno, proprio come se fosse uno stampo. Questo rende più veloce il processo e anche serializzabile. Per le figure ci sono diverse misure, dal diametro di 60 cm al pannello più grande arriva fino a un metro.

“Quello che faccio è soltanto un hobby, realizzo questi oggetti solo per gli amici e parenti: poi ho pensato di creare la pagina Instagram pensando ‘Ma chi vuoi che la veda..’. Sorprendentemente, in poco tempo sono arrivate delle richieste, ad esempio da parte di un mio amico che ne voleva realizzato uno per il suo b&b a Cisternino”.

Il progetto prende nome di “Klama Lights”. Indubbiamente sorge la domanda: cos’è Klama?

“Anche il nome stesso scelto per questo progetto riporta ad origine e tradizioni: si tratta del nome di una canzone popolare in griko, che propriamente significa “pianto”. Non è un nome felice, però volevo un nome breve e avevo un legame particolare con la canzone stessa. L’ho ascoltata per la prima volta alla Notte della Taranta del 2022, e sapevo sarebbe stato riconoscibile come nome.”

Composto nel 1972, il brano è diventato un simbolo della memoria collettiva del Salento ed è considerato un inno alla dignità di chi resta e di chi parte.

“Adesso ho canalizzato la mia voglia di imparare cose nuove in questo progetto, magari a breve farò lo stesso con qualcos’altro. Questo spirito di voler fare tante cose ed avere tani hobby l’ho preso da mio padre. Attualmente spero rimanga un hobby e un modo per staccare dalla quotidianità però, nella vita, mai dire mai”.

Aurora Lezzi

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