BRINDISI – Sono gravissime le affermazioni che l’Assessore alle Attività Produttive Raffaele De Maria ha rilasciato oggi sul “Nuovo Quotidiano di Puglia” sulla vicenda della licenza rilasciata a Lidl e sollevata da newSpam ieri mattina (https://www.newspam.it/lidl-siamo-sicuri-che-la-licenza-sia-a-norma-intanto-mentre-il-piccolo-commercio-muore-il-comune-rilascia-autorizzazioni-per-altri-centri-commerciali). Una questione sulla quale, poco dopo, il capogruppo di Area Popolare Teodoro Pierri era intervenuto, chiedendo gli atti propedeutici alle autorizzazioni concesse sia per la Lidl, così come per Brin Park e Conad.

Lidl

Perché gravissime? Perché l’assessore De Maria dimostra di non sapere affatto ciò di cui sta parlando, quando dice – per prima cosa – che “le autorizzazioni non le rilascia il Comune di Brindisi, bensì la Regione Puglia”. Falso. Nel caso specifico della Lidl, ma non solo in questo, la licenza è stata rilasciata proprio dall’Amministrazione comunale, Settore Attività Produttive. Vero è, invece, che si tratta di un atto risalente alla passata amministrazione, a cavallo tra l’ex sindaco Consales ed il Commissario Cesare Castelli. Sarebbe bastato che De Maria avesse chiesto le carte prima di rilasciare dichiarazioni ed avrebbe saputo come stanno realmente le cose.




Non solo. L’assessore dimostra di non conoscere – cosa ancor più grave – il Piano del Commercio, approvato con delibera n. 66 di Consiglio comunale in data 6 agosto 2013) che, dopo un’attenta analisi sull’equilibrio commerciale tra medie strutture di vendita ed esercizi di vicinato di tipo alimentare e misto, sanciva di “non procedere ad autorizzazioni di nuovi insediamenti di medie strutture di tipo alimentare e misto di tipo M2 ed M3”.

Ma cosa afferma ancora De Maria? “Entrando nello specifico – dichiara l’assessore al giornale – possiamo dire che il supermercato Lidl ha acquistato regolarmente tre licenze di vicinato, dove per esercizio di vicinato si intende un esercizio commerciale, un negozio, avente una superficie di vendita fino a 250 metri quadri”.

Bene, l’assessore De Maria (sempre se avesse letto le carte…), dovrebbe sapere che Lidl ha acquistato due licenze di vicinato da 250 metri e non tre. In che modo? In data 22 luglio 2015, l’azienda ha chiesto autorizzazione per una licenza M1, da 600 metri quadrati, e l’ha ottenuta in data 11 aprile 2016, rilasciata dal Comune di Brindisi – Settore Attività Produttive (lo stesso che oggi regge l’assessore De Maria, ndr) e non dalla Regione Puglia. Successivamente, ovvero in data 24 agosto 2016, Lidl ha chiesto un’altra autorizzazione, con richiesta di accorpare due esercizi di vicinato, unendo, cioè, due SCIA da 250 metri quadrati alla precedente autorizzazione da 600 metri quadrati. Di fatto, eludendo la legge e diventando per ‘magia’ un M2.

E proprio in riferimento, infine, ai famosi due esercizi di vicinato, va detto che entrambi si trovano al rione Casale: il primo in via Ammiraglio Cagni 27, il secondo in via Ruggiero Flores 22, quasi attigui. Il dubbio sorge spontaneo: oltre alla illiceità di poter accorpare esercizi di vicinato per ricavarne un M2, siamo certi che fossero entrambi da 250 metri quadri?




Pamela Spinelli
Direttore responsabile

8 COMMENTI

  1. Questi centri commerciali, con regimi fiscali che non ho mai capito (leggete attentamente gli scontrini quando acquistate), risucchiano risorse economiche dal territorio, impoverendolo, per riversarle nei loro Paesi dove pagano le tasse.

    Purtroppo, con il miraggio degli sconti e non certo della qualità e della genuinità, la gente si sente appagata

    Dispiace che gli amministratori pubblici non tutelino la propria terra e i propri concittadini …….. Per un posto di commesso o di facchino nei centri commerciali chiudono due o tre attività commerciali che mantengono altrettante famiglie e che riversano le risorse economiche sul territorio.

    Complimenti a newspam per il servizio informativo

  2. Il nuovo tipo di commercio a livello mondiale, esclude le piccole attività, le quale da sole non potranno mai reggere la concorrenza ed inoltre le spese esorbitanti della gestione, non si riuscirebbero mai a coprire con gli utili…ma i piccoli negozi, come per magia, ritorneranno a vivere, inserendosi nelle catene nazionali della distribuzione, alle quale vengono garantite le spese di gestione e poi quel tipo di prodotti ha una distribuzione, sia esclusiva che verticale e pertanto gode di una nicchia di mercato che riesce a procurarli degli utili sufficienti…. Brindisi, si sta adattando a tale nuove proposte ed inutile e polemico voler attaccare le grandi distribuzione, che fungono da grande risparmio per le popolazioni….. Cordialità Salvo Manager Commerciale…

    • Il problema non sta nelle strategie commerciali o l’orientamento che ha deciso di dare il mondo della finanza alla grande distribuzione.
      Il problema sollevato dall’attento e incisivo articolo riguarda il paventato malcostume di certi politici (auspico ci sia qualcuno da salvare) di gestire la RES PUBLICA come COSA LORO, in barba al rispetto dell’intelligenza dei cittadini. Cittadini che sempre meno, spero, disposti a farsi prevaricare. Ha ragione Di Maio quando dice: “non vi meravigliate se i cittadini verranno a protestare davanti al Parlamento. Ma anche davanti ai municipi.
      Per ultimo vorrei dire al sig. De Maria che stamattina ho fatto una chiacchierata col mio vicino, dai nostri balconi; ma non ho capito un cxxxo. Forse perchè io abito in via Appia e lui in via Flores!

  3. La presenza e la continua nascita di grossi centri commerciali, che sono ben organizzati e specializzati in tutti i settori trattati, ha ridotto drasticamente la quota di mercato delle attività commerciali tradizionali.
    Nella realistica considerazione che non è possibile competere con la grande distribuzione, le attività storiche tradizionali sfruttano, per sopravvivere fino a quando sarà possibile, il richiamo che la loro lunga presenza sul mercato effettua sulla clientela. Allo stato attuale, l’apertura di nuove attività commerciali è avventata e temeraria. Alla luce di queste considerazioni tutte le piccole realtà commerciali, sono destinate a soccombere nel breve/medio periodo.
    La situazione è avvilente e desolante considerando anche che i centri commerciali sono una fonte di povertà per la realtà locale. Tutta la ricchezza che viene drenata giornalmente al territorio viene esportata altrove, spesso fuori i confini nazionali senza, di contro, contribuire in maniera sostanziale all’occupazione.
    La situazione attuale non è sostenibile ed è frutto di piani commerciali limitati alle realtà comunali dimenticando che i centri commerciali impattano catastroficamente sulla realtà dell’intero territorio salentino. Gli attuali piani commerciali sono concepiti e strutturati prendendo a modello le grandi aree metropolitane dove l’entità del bacino di utenza, la frenesia della vita quotidiana e i “tempi di percorrenza” offrono un paracadute di protezione alle realtà commerciali “di vicinato” consentendone la coesistenza con i centri commerciali anche di grandi dimensioni.
    L’insediamento dei grossi centri commerciali è favorita dal fascino che esercitano sulla classe politica, poco attenta e poco accorta alle problematiche locali e abbagliata dalla pseudo occupazione.
    Il futuro è quindi la desertificazione, la rarefazione e la soccombenza delle piccole realtà commerciali che, per sopravvivere hanno bisogno di certezze e non di “magie” di sorta.

    Chiedo cortesemente alla redazione di mantenere vivo il dibattito su tali tematiche nella speranza, forse vana, di risvegliare la sensibilità dei nostri politici, spingendoli a ponderare con maggiore attenzione e consapevolezza le loro scelte e a spingere i tecnici preposti a redigere piani programmatici valutando effettivamente le situazioni locali, senza mutuare quanto redatto per altre realtà non assimilabili a quella salentina

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