Teatrodellepietre 2019: venerdì 14 dicembre Marcantonio Gallo inaugurerà la stagione teatrale con il reading “A Christmas Carol”

Dopo diverse iniziative che hanno visto la compagnia teatrale in scena fuori porta, il TeatroDellePietre torna a Brindisi per presentare ufficialmente la propria offerta culturale in città per il 2019 e per farlo sceglie un luogo magico e suggestivo come il Castello di Terra. Ospitato dal circolo Ufficiali della Marina di Brindisi, e grazie alla organizzazione di Giulia Cesaria e il Comandante Fabrizio Maltinti, venerdì 14 dicembre Marcantonio Gallo inaugurerà la stagione teatrale con il reading “A Christmas Carol” di Charles Dickens.

Il romanzo è uno degli esempi migliori di critica alla società, ma è anche una delle più famose e commoventi storie sul Natale nel mondo. Il Teatrodellepietre, nella propria rilettura del romanzo, ha voluto evidenziare, attraverso l’universalità del racconto, un punto di vista che rimarca l’esigenza di un teatro portavoce di valori sociali. E quale occasione migliore del romanzo di Dickens, che unisce al gusto del racconto gotico l’impegno nella lotta alla povertà?

Spiega Marcantonio Gallo: “È tempo di regali, e anche noi presentiamo il nostro in una maniera tradizionale. Ma “A Christmas Carol” è una ghiotta occasione per riflettere sulla crisi di valori dei nostri giorni. E se Natale è tempo di regali, la nostra compagnia ha deciso di confezionare il proprio con crudo disincanto. Ma cosa c’è dentro la carta colorata? Occorre aspettare per saperlo.

Ed è proprio l’attesa il filo conduttore della rassegna teatrale che presenteremo venerdì 14.

Supportati da Enel, attenta alle proposte culturali a Brindisi fin dai tempi del nostro progetto “Dentro/Fuori: carcere & dintorni, che ci ha visto agire nella Casa Circondariale di Brindisi, anche quest’anno avremo la possibilità di offrire alla città una serie di appuntamenti teatrali.

Enel sostiene da tre anni le nostre iniziative in campo culturale con

il progetto “Voce, luci & ombre” che ogni volta “indossa” un tema. Quest’anno è proprio l’attesa il filo conduttore. Un boato di cose fa da sfondo alle nostre vite. Tutto ci esplode addosso. È una guerra tra gli ultimi quella che si sta attuando, una guerra tra nuovi poveri che include ogni cosa. In queste battaglie quotidiane ogni forma di pensiero sembra non servire più. Oggi funziona la persona che urla di più, l attacco volgare e becero, il grido di guerra del selvaggio, l’istinto: le televisioni, la politica e i giornali sembrano essere lo specchio del più forte.

Tutti i riferimenti sono cambiati, anzi non abbiamo più riferimenti, ci siamo impoveriti: economicamente, culturalmente, socialmente. Le prospettive sono pessime per tutti. Ogni forma di pensiero si annulla. Se uno prova a pensare, scrivere o dire cose che sanno di altruismo viene schernito e quasi maltrattato.

Il nuovo non avanza, il nuovo arretra, si inoltra dentro un Medioevo rinnovato. Il nuovo è diventata una minaccia, il nuovo non ci interessa più, ci spaventa. Rivogliamo indietro le nostre piccole sicurezze. Ma non è solo per difendersi che i vivi portano tutti una maschera. E che succede se ci mettiamo a nudo?

“A Christmas Carol” in fondo narra della conversione del vecchio e tirchio Ebenezer Scrooge, visitato nella notte di Natale da tre spiriti – il Natale del passato, del presente e del futuro – attraverso i quali il protagonista riuscirà a ravvedersi e a cambiare la propria vita e il proprio destino, mettendosi a nudo. Il romanzo altro non è se non il racconto di una attesa, l’attesa di qualcosa di positivo che aiuti a risvegliare la nostra emotività.

Oggi siamo diventati insensibili emotivi. Se è vero che i social ci hanno trasformato in feroci giudici – e ci indigniamo per ogni cosa nascosti dagli schermi dei nostri tablet criticando quanto ci circonda – è anche vero che non troviamo mai il coraggio di agire davvero. La società sembra andare dritta verso un abbrutimento e sembriamo sempre più insensibili all’altro, concentrati soltanto sul nostro tornaconto personale.

Il testo di Dickens offre al TeatroDellePietre la possibilità di andare a spasso nel tempo, attuando attraverso le vicende del libro una libera associazione con i nostri giorni malati di individualismo, evidenziandone così i paralleli evidenti attraverso la struttura narrativa. Alla fine del libro Scrooge si toglierà il cappello di fronte alla sua nuova vita, accogliendola.

Esistono da sempre copricapi che praticano l’alchimia dell’identità. Oggi, che nessuno, o quasi, porta cappelli, il copricapo è un segno zero. Significa per la sua assenza. Togliersi il cappello è, a seconda delle occasioni, un atto di rispetto ma anche un atto di dissenso, un modo di attuare un cambiamento. Ritrattare il cappello ha significato, in passato, infrangere la convenzione. Gettarlo a terra può essere un gesto di sfida o un invito alla scoperta.  Il cappello è infatti una estensione del corpo che posiamo nel suo luogo più significante – la testa – e inquadra il viso e lo sguardo. Inquadra le idee. Ci sono tanti possibili copricapi quanti status sociali. All’eretico veniva imposto un cappello conico, che serviva non solo ad identificarlo, ma anche ad evitare che altri potessero essere contagiati dalle sue idee. I Greci attribuivano un cappello simile ma meno allungato a Efesto, ai Dioscuri e a Ulisse forse con riferimento alla loro condizione di viaggiatori. Nell’antica Roma un cappello simile veniva usato come simbolo di libertà.

Oggi il cappello è come un posto vuoto, da riempire. Ma l’accento è più sul “posto” che sul “vuoto”. Prova ne sia che, quando dobbiamo far onore a qualcuno o a qualcosa, ci tocchiamo un punto preciso e immaginario sopra la testa e diciamo “tanto di cappello”. I cappelli hanno i loro saturnali, partecipano ad un processo di doni, di permute e di baratti.

Il Teatrodellepietre si toglie il proprio cappello per porgere i propri pensieri e riflessioni. Per chi non vuole brindare alla crisi e vuole districarsi in questa nebbia emotiva che ci circonda l’appuntamento è venerdì 14 dicembre alle ore 18.30.

Per realizzare una testimonianza dello spettacolo stesso il TdP lancia un’altra sfida: l ‘hashtag #attese. Chiunque, provvisto di cellulare, telecamera o macchina fotografica può partecipare secondo le proprie sensibilità artistiche.

Foto: Francesco Vasto

Art: Creatiph

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