Riflessioni di un fedele obbediente ma un po’ deluso

vescovo caliandro

La decisione di S.E. l’Arcivescovo Domenico Caliandro di trasferire in altra sede don Maurizio Caliandro ha sorpreso tutti. Nessuno si aspettava questo spostamento. Ovviamente, essendo la Chiesa cattolica una società gerarchica, alla fine, anche a malincuore, chi ne fa parte, sia come sacerdote sia come laico, ne deve accettare le scelte anche dal punto di vista organizzativo. Ma ciò non impedisce che ci si possa confrontare apertamente, manifestando le motivazioni di una differente aspettativa e prospettiva rispetto a tali decisioni del pastore della Chiesa locale.
Allora, piuttosto che tradurre un’opinione diversa, come la mia, nelle solite sterili critiche rivolte al vertice della Chiesa, improduttive di effetti, se non addirittura dannose, ho ritenuto che sarebbe più opportuno e corretto, porre a S.E. una serie di domande: perché trasferire un sacerdote, nello specifico don Maurizio, proprio nel momento in cui la comunità da egli guidata ha raggiunto l’apice della capacità di crescita non solo come partecipazione ma soprattutto spirituale, morale e relazionale? Perché, essendo oggettivamente constatabile il carisma di don Maurizio e quindi il suo essere punto di riferimento, in particolar modo per tante persone prima gravemente disorientate e lontane, non è stato preparato adeguatamente il passaggio del testimone, affinché la novità non fosse così traumatica? Perché interrompere così bruscamente un cammino che coinvolge un’intera comunità la quale in don Maurizio si è sviluppata e unita producendo tanti buoni frutti? Comprendo che l’orizzonte finale del parroco così come dei suoi parrocchiani non sia l’uno per gli altri e viceversa, ma è pur vero che questa nostra fede cristiana non possa prescindere dal nostro essere carne e sangue visto che l’Incarnazione è il centro del cristianesimo. La Chiesa non può essere solo burocrazia come non può essere solo teoria e parole. Per me l’Incarnazione di Gesù Cristo sta nel riconoscere il Suo volto anche in una persona che aiuta gli altri, sollevandoli materialmente ed elevandoli spiritualmente. Per me don Maurizio era questo. Don Maurizio e di conseguenza noi parrocchiani ci siamo appassionati a crescere insieme nell’ascolto di tutti i bisognosi che, man mano, sono venuti, in numero sempre più cospicuo, a bussare alla porta di Cristo. A nessuno sono state voltate le spalle. È stata un’opera il cui motore è Cristo stesso, ma il veicolo è stato don Maurizio. Magari sarà proprio S.E. l’Arcivescovo a colmare il vuoto lasciato da don Maurizio, recandosi in mezzo a noi per incontrarci quotidianamente e abbracciarci tutti in quella paziente e costante attività di ascolto e di accoglienza che è stata quella di don Maurizio.
Donato Colucci

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2 COMMENTI

  1. Caro Donato… hai dato voce alla comunità ma soprattutto al Resto d’Israele esprimendo il nostro immenso dolore… con la saggezza … l’equilibrio e la spiritualità che ti appartengono.
    Grazie

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