Quando l’Italia vince, su la fiducia giù lo spread: ma che razza di Paese siamo? Dopo il caso Weah, il Pd pensi ad Antonio Conte…

Si dice che il calcio sia lo specchio dello stato di salute di una Nazione: sarà per questo che i migliori talenti ed i maggiori risultati arrivano dai Paesi più depressi, dove il calcio è un’àncora di salvezza e non un gioco.

L’Italia è una nazione in crisi: economica, identitaria, valoriale. Così, la mancata qualificazione della propria rappresentativa ai prossimi mondiali di calcio diventa motivo per scaricare tutta la frustrazione – di un Paese che non riesce a guardare avanti con fiducia e con costrutto – su una palla che vaga da una parte all’altra di un prato. Per carità, il calcio, in tutto il mondo, ha un valore sociale che esorbita dal mero aspetto sportivo, ma da qui a trasformare questa eliminazione in una catastrofe epocale, con tutti i cazzi che abbiamo (scusate il francesismo), ce ne passa.

La nazionale ha sempre rappresentato una foglia di fico utile a fingere che ci sentiamo tutti appartenenti a qualcosa, utile a colmare un vuoto identitario che viene fuori per i restanti giorni dell’anno in cui 11 giocatori con la maglietta azzurra non scendono in campo. Per fare un esempio, tutti adesso recriminano perché Ventura non ha fatto entrare Insigne, magari anche quelli che pensano che il talento napoletano, in quanto nativo della città partenopea, sia “coleroso e terremotato”. Una frase goliardica, che qualche anno fa uscì anche dalla bocca di Matteo Salvini, il quale non ha perso occasione per fornire le proprie ricette condite da nazionalismo (chiamiamolo così…) per ricostruire una grande nazionale. E cosa poteva suggerire il leader della Lega se non la limitazione dell’utilizzo degli stranieri nelle giovanili? Chissà cosa ne pensano i tifosi tedeschi, che proprio grazie agli stranieri nelle giovanili si ritrovano adesso una nazionale cosmopolita tra le più forti che abbiano mai avuto.

Il day after ci consegna una serie di analisi economiche sulla catastrofe finanziaria che deriverebbe da quello sciagurato 0 a 0. Gli ultimi dati stimano una perdita per oltre 1 miliardo di euro! Partiamo da un dato apparentemente marginale: nel trimestre maggio-luglio degli anni pari, quelli in cui si disputa una competizione internazionale, le vendite di schermi piatti di ultima generazione salgono di 200.000 unità; insomma, gli italiani vogliono vedere le giocate dei propri beniamini come meglio non si può. Ebbene, secondo la Confcommercio, questo incremento mancherà nel 2018.

Ancora: nel 2007, dopo la vittoria del Mondiale, la crescita fu dell’1,9% e secondo la Coldiretti la vittoria regalò da sola un incremento pari all’1% del Pil (circa 15 miliardi); nel 1983 il Pil passò dal +0,7% dell’anno prima al +1,4%. Secondo la Banca d’affari Usa, inoltre, il buon andamento della nazionale tenderebbe storicamente a ridurre lo spread tra Btp e Bund. E secondo il capo economista di Confcommercio, non si può escludere finanche che il mancato Mondiale possa modificare il profilo della fiducia di una quota consistente di cittadini.

Alla luce di questi dati sorge allora spontanea una proposta: e se al posto di Matteo Renzi, per uscire dalle secche della crisi, il Pd – sul modello Weah in Liberia – candidasse come premier Antonio Conte? Il Pil salirebbe sicuramente e lo spread scenderebbe vertiginosamente. Un affarone!

Quello che viene fuori, insomma, è un Paese umorale, i cui cittadini non stanno bene con loro stessi e quindi con gli altri. Bisogna pertanto ripensare ad un modello di società differente, più eguale e giusta, che come conseguenza riconduca il calcio nei giusti binari, ovvero quelli sportivi e sociali, non vitali.

Sarà un caso che nel 1958, a seguito della mancata qualificazione della nazionale ai mondiali, la Gazzetta dello Sport titolò la prima pagina con un asciutto “Eliminati gli azzurri dalla Coppa del Mondo”?

Andrea Pezzuto
Redazione
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