Dopo la brusca interruzione della precedente esperienza amministrativa, sono stato tentato dalla voglia di mollare tutto, di abbandonare la politica. Troppe delusioni, troppi attacchi alla persona, troppa cattiveria in un modo di fare politica che risultava e risulta tanto distante dai reali interessi dei cittadini.
Ma ha prevalso la voglia di non lasciare un lavoro svolto a metà, di non abbandonare Brindisi nelle mani di gente davvero poco interessata al bene comune. Ed allora ho affrontato difficoltà di ogni tipo, linciaggi morali inenarrabili, allusioni e sospetti inaccettabili. E, non ultimo, attacchi alla mia famiglia attraverso campagne di delegittimazione che mi hanno ferito profondamente.
Alla fine, però, sono stato gratificato da un grande successo personale e dalla vittoria della coalizione che ho sostenuto e di un sindaco che ho aiutato ad affermarsi sin dalle primarie.
Ho chiarito sin dal primo momento che non avrei preteso nulla per me, in quanto mi sarei limitato a svolgere le funzioni di consigliere comunale. Ed ho rotto con la lista con cui sono stato eletto (Impegno Sociale) perché non ho ritenuto giusto attuare una tecnica suicida, mandando a rotoli la vittoria per questioni di principio.
I primi sei mesi di questa esperienza del governo-Carluccio, però, hanno evidenziato situazioni insostenibili per chi ama Brindisi come la amo io. Un totale immobilismo, interventi finanziati, progettati, con gare già svolte, ma bloccati per non si sa cosa, una manifesta incapacità di proporre, di produrre idee e programmi e l’assenza incontestabile di un modello di città da seguire.
Lo dico senza alcun timore: sarebbe bastato ripartire dalle cose buone fatte dalle precedenti amministrazioni per proseguire su quel solco nel progetto di crescita della città. Il tutto, infarcendo l’azione di governo con un piglio ancora più decisionista e con la volontà di non commettere tutti gli errori commessi in passato.
Si è avuto il coraggio di attuare un primo passo della rivoluzione nella macchina amministrativa, ma poi si è proposto alla città un Esecutivo incapace di interpretare i bisogni della città. Troppi personalismi, troppi contrasti, troppo attaccamento alla poltrona e nessuna voglia di rappresentare il “nuovo”. Il tutto, mentre tanti “soliti noti” continuavano ad operare dietro le quinte, pensando di gestire chissà cosa e ritrovandosi, dopo sei mesi, con un pugno di mosche in mano. Ho fatto la voce grossa, mi sono rifiutato di nominare qualcuno in Giunta. Il tutto, fino a due mesi fa, quando per senso di responsabilità ho deciso di “regalare” alla città (e quindi anche alla sindaca) una persona di grande spessore come l’avvocato Silvestre. Ho chiesto ed ottenuto che ottenesse la carica di vice sindaco, ma soprattutto la delega all’ambiente: Una persona autorevole e al di sopra di ogni sospetto per gestire grandi emergenze, che vanno dalla raccolta allo smaltimento dei rifiuti, fino ad arrivare alle bonifiche.
Dopo soli due mesi, per effetto di una crisi annunciata, la sindaca azzera tutto e quando ricostituisce la Giunta cancella l’ambiente dalle competenze dell’avvocato Silvestre. Un comportamento inqualificabile che lancia all’esterno un segnale inquietante: perché si manda via una “garanzia di trasparenza” come Silvestre per caricare sulle spalle della prima cittadina anche questa incombenza? Chi ha brigato realmente perché ciò avvenisse?
In assenza di riscontri e con un Esecutivo che non risponde alle mie aspettative ed a quelle della città, ritengo che non sia più il caso di traccheggiare. Meglio scelte traumatiche oggi che una lenta ed inesorabile agonia che danneggerebbe ancor di più la città. Certo, avrei potuto “trattare”, cercare di spuntare incarichi e riconoscimenti per il mio gruppo, ma preferisco sacrificare le mie ambizioni personali, mettendo in primo piano i reali interessi di una Brindisi martoriata da problemi gravissimi. E’ il mio modo di voler bene a questa città e sono sicuro che tutti i miei elettori capiranno perché lo sto facendo.
Per una volta, in questa politica in cui prevale la logica degli interessi del singolo rispetto a quelli di una comunità, penso che sia il caso di cominciare a dare qualche esempio.
Ed è per questo che ho deciso, d’intesa con la collega Marika Rollo, di chiedere che di questa crisi politico-amministrativa se ne parli in Consiglio. Nessuna riunione “carbonara” in qualche ufficio o presso lo studio di un notaio. Meglio parlarne in aula, alla luce del sole e davanti ai cittadini. Perché è di loro che stiamo parlando, del loro futuro e delle loro speranze.