INTERVISTA – Il magnate turco Yildirim interessato al Porto di Brindisi. Il Segretario Vespasiani: “Se è venuto il loro capo vuol dire che l’interessamento è concreto”

BRINDISI – La turca Yildirim Holding rientra tra i 15 terminalisti portuali più importanti al mondo e punta ad entrare nella top ten entro il 2025. Il fatto che nei giorni scorsi una sua delegazione, capeggiata dal mecenate Robert Yuskel Yildirim, abbia incontrato i vertici dell’Autorità portuale ed abbia visitato il porto di Brindisi, pertanto, rappresenta una notizia che non può passare di certo inosservata.

Non è ancora chiaro a quale tipologia di attività sia interessata la Yildirim Holding, ma crea suggestione il fatto che una sua controllata, la Yilport Holding, detenga il 50% della Malta Freeport, società che agli inizi del nuovo millennio fece sognare alla nostra città uno sviluppo del traffico containeristico. Traffico mai realmente decollato, e di quella storia è rimasta solo una ferita profonda, oltre che strascichi giudiziari di rilievo.

 

A distanza di anni si ritorna a parlare di traffico container, in una città che non è mai riuscita a svilupparlo seriamente a causa della vicinanza dell’aeroporto al porto, quest’ultimo rientrante nel cono d’atterraggio e quindi impossibilitato ad accogliere gru di un’altezza tale da consentire lo sviluppo di un traffico importante. Questo porblema sarà presto mitigato dalla traslazione della pista d’atterraggio, mentre resta aperta la questione del pescaggio delle banchine, che si vorrebbe portare fino a 14 metri di profondità, così da accogliere in futuro le grandi navi.

Di tutto ciò ne abbiamo parlato con il Segretario Generale dell’Autorità di Sistema Portuale dell’Adriatico Meridionale, il dottor Titto Vespasiani.

“Ci hanno contattato e sono venuti appositamente a vedere il nostro porto”, spiega Vespasiani. “Si tratta di un’azienda molto grande, con ramificazioni in tutto il mondo, che cerca di posizionarsi sempre meglio. Se si è mosso ed è venuto a Brindisi anche il loro capo, si vede che l’interessamento è concreto: non è che si sono limitati a mandare l’uomo delle relazioni esterne a dare un’occhiata al porto.

Sono venuti qui per verificare la situazione infrastrutturale, e su quello abbiamo cercato di spiegargli la situazione attuale e le prospettive future: la situazione attuale costituisce già di per sé un ottimo punto di partenza, in più i programmi futuri prevedono un escavo della banchina fino a 14 metri, che consentirebbe teoricamente anche l’arrivo di navi da 6.000 TEU.

Loro sono posizionati in ogni parte del mondo, ma in Italia non sono ancora particolarmente coperti: per questo avevano bisogno di un contatto per capire meglio la normativa italiana. Gli abbiamo spiegato i cardini della normativa sulle attività portuali, ovvero il rilascio delle autorizzazioni, il lavoro e così via”.

Il Segretario passa poi in rassegna le possibilità che può offrire il porto di Brindisi, in particolare il nuovo raccordo ferroviario tra la banchina di Costa Morena e la Rete Ferroviaria Italiana: “Uno dei punti di forza del porto di Brindisi è il nuovo raccordo ferroviario, che adesso stiamo collaudando e sul quale stiamo lavorando per raggiungere un modello di esercizio efficiente, che sia appetibile, che incentivi l’uso del treno. Il raccordo ferroviario è fondamentale per lo sviluppo di quel polo, e ciò perché allarga a dismisura l’hinterland del porto, in quanto con i treni è possibile fare una spedizione ad esempio a Bologna o in Germania. Ci sono tante opportunità da mettere in gioco: per questo era importante per noi presentare bene il raccordo ferroviario tra la banchina e la Rete Ferroviaria Italiana.

Le Autorità portuali cercano di promuovere, di creare le condizioni, ma alla fine sono gli operatori che devono giocare le loro carte sul mercato, perché la legge ci impedisce di svolgere in prima persona queste operazioni, le quali spettano ai soggetti privati.

Il raccordo, per la parte nostra, è in fase di ultimazione e di collaudo, quindi nel giro di un mese dovrebbe essere pronto. Teoricamente tra un mese, se parallelamente riusciamo a trovare un modello di esercizio efficiente, i primi treni potrebbero già andare sulla banchina e caricare la merce. Poi è chiaro che per far decollare il trasporto ferroviario ci vuole un pochino di tempo, perché occorrono i carichi; il treno non può viaggiare vuoto. Occorrono carichi tali da riempire i treni, quindi ci vogliono frequenza e carichi regolari, e poi ci vorrebbero – e questo molti non lo vogliono capire – i carichi di ritorno, perché altrimenti il treno torna vuoto e si raddoppia il costo del trasporto ferroviario. Però, se si dovessero trovare delle linee effettive di trasporto, e penso che un po’ tutti siano interessati a questa cosa anche per avere il ferrobonus, sarebbe veramente una bellissima attività in prospettiva per il porto di Brindisi. Noi stiamo lavorando tanto su questo e ci tenevamo molto a fare una bella figura e presentare bene il nostro porto a questi soggetti che sono venuti a farci visita”.

La presenza delle attività della Peyrani sul piazzale non può costituire un ostacolo, vero?

“Quelle sono concessioni provvisorie, non danno assolutamente alcun problema, tra l’altro lo spazio c’è già. Poi, man mano che dovesse andare in progressione la futura attività, trarremo le conseguenze: ovviamente il porto serve per movimentare rapidamente le merci, quindi è chiaro poi che l’Autorità deciderà di conseguenza sull’utilizzo più proficuo. Lo dice il Codice della navigazione, e penso che in caso dovessimo avere la necessità di scegliere tra le due attività in gioco, la risposta sarebbe immaginabile”.

Ma a quale tipologia di attività sarebbe interessata la Yildirim Holding?

“Noi al momento parliamo di imbarco e sbarco delle merci, mentre il transhipment è il trasbordo da una nave ad un’altra nave, ed attualmente è difficile che si possa sviluppare quest’ultima attività, perché le navi madri al momento non possono entrare; la lunghezza delle banchine lo consentirebbe, ma i fondali no. In una prima fase, quindi, Brindisi non sarà un hub, ma sarà un porto gateway regionale, di ingresso ed uscita della merce. Al momento ci sono fondali discreti, per navi feeder anche abbastanza importanti e di lunga percorrenza. Nel frattempo, però, sta andando avanti l’iter per la realizzazione della cassa di colmata utile per i dragaggi”.

Nel caso la Yildirim fosse interessata al traffico container, non si presenterebbe il problema dell’interferenza delle gru con il cono d’atterraggio?

“Sì, il problema c’è, però contiamo che i lavori di traslazione della pista di atterraggio ci possano dare un po’ di respiro”.

Ne avete parlato di questo problema con la società turca?

“No, perché non c’è stata occasione di parlare di questa cosa. C’è comunque un’altra prospettiva: il porto di Brindisi si presta molto ad un traffico Inframed, che non necessariamente prevede l’uso di navi container. Il container è l’unità di trasporto tipica della tratta lunga oceanica, ma nell’InfraMediterraneo, che è adesso la componente che si sviluppa maggiormente, l’unità di trasporto è il semi-rimorchio, oppure il container già agganciato alla ralla con le ruote. C’è un grande sviluppo delle navi Ro-Ro, basti vedere Grimaldi cosa sta facendo, che potrebbero essere equivalenti, in parte sostitutive, alle navi portacontainer”.

Ma si parlerebbe di un ridimensionamento dell’investimento in quel caso?

“Non tanto, perché a livelli nazionali il traffico Ro-Ro è in grande crescita: aumenta di più il traffico merci Ro-Ro che quello dei container, ed è in crescita perché il semi-rimorchio è un’unità di carico per distanze brevi marittime più efficiente rispetto al container.

Anche qui, però, ci sarebbe un problema, perché Costa Morena Est non ha un accosto per navi Ro-Ro, ma per questo aspetto non dovrebbe essere difficile creare un piccolo sporgente per il portellone. A quel punto, allora ci troveremmo davanti ad un’attività integrata: container, navi Ro-Ro, treno. Un terminalista, quindi, potrebbe davvero giocare bene tutte le sue carte”.

L’investimento della Yildirim Holding sarebbe legato alla istituzione della Zes?

“Loro non sapevano nulla della Zes, glielo abbiamo spiegato noi che c’era questo ulteriore vantaggio: sono abbastanza attenti a questa opportunità, anche se non è immediata. Io sono piuttosto fiducioso, perché l’insieme di tutte le cose potrebbe portare ad un nuovo incontro e ad ulteriori approfondimenti. Non sono decisioni semplici: per un armatore è più facile spostare le navi, per un terminalista, invece, l’investimento necessario è maggiore.

Le condizioni ci sono, bisogna capire quali sono le esigenze di questi operatori, venirgli  incontro e cercare di valorizzare le infratrutture che ci sono e fare qualche sforzo in più per migliorarle. Bisogna fare un gioco di squadra: anche la Dogana, la Capitaneria, Aeroporti di Puglia; tutti devono fare la loro parte.

Ultima cosa: noi siamo dei facilitatori, però è necessario anche trovare chi le porta le navi e chi porta il traffico”.

Andrea Pezzuto

 

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