Enel e le verità secondo Legambiente: “Sentenza epocale. La centrale avrà vita breve”

BRINDISI – Sentenza senza precedenti nella storia. Il giudice Cacucci ha condannato, in primo grado, due dirigenti dell’Enel a 9 mesi di reclusione ed a risarcire, in solido con Enel Produzione, alcune delle parti civili e in particolare tutti gli agricoltori proprietari di terreni nella zona, che avevano chiesto il ristoro del danno subito per il deposito di polvere di carbone sulle colture.

Sorgono tanti quesiti in seno alla Centrale Federico II di Cerano: inquina davvero al punto tale da essere concausa di molte morti per cancro? Ed ancora: sono sufficienti le opere di ambientalizzazione che l’azienda ha attuato negli ultimi anni, investendo fior di milioni di euro? Tanto si è detto e tanto altro ancora si dirà. La forbice tra chi è favorevole alla centrale e chi non lo è si allarga notevolmente: la scissione tra i brindisini stessi esiste.

Legambiente, seppur riconoscendo una minore emissione di CO2 negli legambienteultimi tempi, ‘condanna’ Enel. Un po’ come ha fatto il giudice Casucci nei giorni scorsi e per la cui sentenza l’associazione ambientalista, nel corso di una conferenza stampa, si è detta soddisfatta. Ricordando, tuttavia, che il rischio inquinamento è ancora molto alto e che Brindisi rimane costantemente sotto scacco delle particelle di carbone fuoriuscenti dalla Centrale di Cerano.

“Le criticità che Legambiente denuncia sono tante ed ora, finalmente, sono state anche dimostrate dai fatti – ha dichiarato il presidente Nicola Anelli – ma ci sono tantissime altre questioni ancora aperte sullenicola-anelli-2 immissioni in atmosfera. Dopo aver fatto un lavoro istituzionale per 20 anni, abbiamo dotato l’Italia di una legge sugli ecoreati, che tende a salvaguardare la situazione ambientale e sanitaria specificatamente”.

La centrale di Cerano, carte alla mano, rientrerebbe abbondantemente nei parametri indicati da Obama (il presidente degli USA ha fatto chiudere gran parte delle centrali americane che superavano gli standard locali, ndr) ma, secondo Legambiente, ciò è ancora tutto da dimostrare. Pare che la Centrale di Cerano sarebbe fuori limite come emissioni di CO2 e come vari ossidi di azoto. “I parametri indicati da Obama in America – ha proseguito Anelli – possono non essere quelli italiani o europei. Bisogna vedere anche il funzionamento delle centrali e focalizzarsi nell’interezza dello specifico. Una cosa è certa: la produzione di energia elettrica con le centrali termoelettriche, soprattutto a carbone, hanno vita breve; anche per un fatto economico. Infatti, come si evince dalle bollette che noi riceviamo a casa, il 40% dell’energia prodotta in Italia è da fonti rinnovabili. Questo è il futuro e la centrale Enel è a rischio chiusura”.

Sulla sentenza, invece, si è pronunciato l’avvocato Stefano Latini: “E’ una sentenza epocale – ha spiegato il legale – perché per la prima volta viene statuita la responsabilità di Enel circa il danneggiamento dei terreni e delle colture, stefano-latini-avv-italia-nostraper la presenza di carbone, fuoriuscito dal nastro trasportatore, dal parco carbone e dalle torri di collegamento. Questo è un primo passo – ha concluso – per poter spostare la questione su quello che noi abbiamo ritenuto, fin dal primo momento: il danno ambientale. Cioè la modifica delle condizioni preesistenti dei terreni rispetto a quando il carbone non c’era”.

Fattore cruciale, inoltre, è che nella sentenza, che ricordiamo è ancora di primo grado, non si parla più di reato contravvenzionale, ma di vero e proprio delitto, in quanto vi è una sorta di ‘persecuzione’ ai danni dei proprietari degli appezzamenti di terreno di Brindisi sud (motivo per il quale si è parlato di 9 mesi di reclusione, ndr).

Vi sarebbe, dunque, un danno ambientale notevole: “Riguarda la porzione del territorio comunale di Brindisi che fa parte del Parco Regionale di Saline di Punta della Contessa – ha detto il geologo Franco Magno – intanto, aspettiamo che ci siano le motivazioni della sentenza e l’azione di Legambiente sarà basata sui dati certi, forniti da ARPA e dall’Università del Salento”.

Dulcis in fundo, è d’uopo ricordare che l’analisi di rischio sanitario fatta su quel sito ha portato a determinare in massimo 200 giorni all’anno il periodo in cui i lavoratori potranno operare su quei terreni.

Tommaso Lamarina
Redazione

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