Viaggio in Italia di Guido Piovene

L’editore Bompiani ha riportato in libreria un volume in grado di riempire di senso, fisico e metafisico, lo scaffale: da settembre è infatti tornato disponibile l’imponente lavoro di Guido Piovene dal titolo Viaggio in Italia, pubblicato – nella sua prima edizione – nel lontano 1957. Sono dunque sessanta gli anni che ci separano da quella prima edizione e, tuttavia, questo reportage di viaggio che ha attraversato l’Italia intera dal maggio 1953 all’ottobre 1956 è riuscito a mantenere inalterata la sua incisività e la sua capacità di individuare i caratteri immutabili della nazione, a dispetto del cambiamento dato dallo sviluppo economico del dopoguerra e senza rivolgere all’oggetto della narrazione uno sguardo mitigato da dolci mitologie e sentimentalismi.

Il libro, che si vedeva ultimato alla vigilia dell’ingresso dell’Italia nella Comunità europea, riflette sui paradossi della nazione, così stretta tra il suo venir considerata statica (di sicuro «in tutto ciò che chiederebbe chiarezza di pensiero e coraggio intellettuale») e insieme mobile, fluida, persino distruttrice. «Un paese oscuro a se stesso» che vive, oggi come ieri, il problema del Mezzogiorno, registrandone un forte disamore per sé stesso e la distruzione dei «molti splendori di humanitas, di pietas, di realismo intellettuale e d’immaginazione speculativa». Accanto alla disamina del dato economico e statistico, Piovene ci conduce per le strade, nelle case, nelle «piazze fisiche e metafisiche» – come osservava Oreste Del Buono –, e trova le parole per illustare scorci e stati dell’animo che pure oggi ci è dato ritrovare. A Brindisi «il gioco degli specchi d’acqua, non più popolati di navi, crea prospettive varie, capricciose, impreviste, specialmente la notte, quando percorrendo le rive, il castello, la luna e le luci della città si associano in modo mutevole. Vi ho trascorso una bella sera, contemplando la luna piena che imbiancava le acque, e mangiando i frutti di mare che rientrano nel costume di Brindisi come a Taranto; oltre ad un formaggio fresco, profumato d’erbe aromatiche, il profumo pugliese». Un ritratto italiano che l’autore percepiva in evoluzione nel mentre si delineava, ma deciso a cristallizzare in inventario la bellezza e la miseria del Paese.

Diana A. Politano

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