BRINDISI – Leggendo il Piano Nazionale Strategico della Portualità e della Logistica si fa fatica a non incorrere nella trappola dei facili entusiasmi. La fotografia scattata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti fornisce una rappresentazione plastica delle grandi opportunità che i Paesi del Mediterraneo potranno cogliere da qui ai prossimi anni. L’allargamento del Canale di Suez che darà vita ad un’intensificazione degli scambi commerciali tra Asia ed Europa; la grande ascesa dei Paesi del Nord Africa e della Turchia; il rapido sviluppo degli Stati Balcanici; l’annunciata crescita del traffico crocieristico – si parla di un + 5% annuo fino al 2020 – e di quella del traffico ro – ro, soprattutto nell’Adriatico, sono tutti fattori che cambiano i connotati geo-politici del Mediterraneo e, di conseguenza, quelli economici dei Paesi che su di esso si affacciano.

Tali elementi, uniti ad alcuni passi finalmente compiuti dall’Italia, se analizzati razionalmente lasciano pensare che il Mondo, in questa fase, ci stia venendo incontro, quasi in soccorso.

Il porto di Brindisi, infatti, oltre alla risaputa posizione strategica che occupa – e dalla quale non sempre ha tratto grandi vantaggi – possiede alcuni requisiti estremamente interessanti per le contingenti esigenze degli armatori e degli operatori economici; parte di tali precondizioni, per dovere di cronaca, sono state ottenute grazie al lavoro del Comandante Valente.

Tuttavia, nella città per antonomasia delle occasioni perse, è indifferibile la necessità di dotarsi di una classe politica forte e lungimirante, che possa interfacciarsi proficuamente con la nuova Autorità di Sistema e che possa metterla in condizioni di lavorare al meglio per il nostro porto. Ecco allora come, pensando allo stato comatoso in cui versa la politica locale, appaiano incauti gli entusiasmi scaturenti dagli scenari preconizzati dal PNSPL.

E’ di questi giorni, ad esempio, la notizia che nessun brindisino rappresenterà gli interessi dello scalo aeroportuale del Salento nel Cda di Aeroporti di Puglia. Tale situazione è il riflesso dell’astenia di cui soffre la politica locale, alla quale si aggiunge una forte miopia, non si sa fino a che punto voluta o congenita. Auspicare, infatti, un lungo periodo di commissariamento, ovvero di ordinaria amministrazione, in un momento campale per le sorti del nostro porto e della città, nel quale: si necessiterebbe di scelte forti e straordinarie; di peso politico per contrattare, alla pari, le condizioni sul tavolo della neonata Autorità di Sistema; di rimettere in moto il Pug ed il Piano della costa; di discutere con la nuova Autorità di Sistema del Piano regolatore portuale, per il quale l’AP brindisina ha stanziato 520.000 euro, fornisce un distillato di come la città vada sempre nella direzione di marcia opposta rispetto a quella dettata dalle dinamiche mondiali.

Eppure, vi è da sottolineare come, negli ultimi anni, la (giustamente) vituperata Autorità Portuale brindisina abbia ottenuto risultati che, senza esagerazione alcuna, segnano una svolta epocale.

Difatti, l’ingresso delle grandi navi da crociera nel porto interno (la Msc tornerà nell’aprile prossimo) e l’innalzamento dell’Air draft a 50 metri (ovvero del cono d’atterraggio) attraverso dei lavori presso la pista d’atterraggio – cosa che consentirà alle grandi navi di attraccare tranquillamente nel porto medio – aprono scenari estremamente interessanti.

A questo, va aggiunto lo sviluppo del traffico ro-ro e l’incremento di quello passeggeri, grazie all’avvento della compagnia Grimaldi; tuttavia, vi sono solo tre accosti utili per tali traffici, ed il Piano Operativo Triennale 2016-2018 stilato dall’Autorità Portuale non prevede, a breve, la risoluzione immediata di tale problematica.

Sono in fase di ultimazione, poi, anche i lavori per la costruzione di una nuova banchina di collegamento tra quelle di Punto Franco e Montecatini, con contestuale modifica del dente di attracco di S. Apollinare, i quali permetteranno ad altre navi da crociera di medie dimensioni di attraccare di fronte al lungomare, contestualmente a quelle di grandi dimensioni, che attraccheranno invece sotto la stazione marittima. Tutto ciò, può certamente costituire una boccata d’ossigeno per l’asfittico commercio brindisino, ma per permettere a tale traffico di consolidarsi, vi è bisogno che la città si presenti attrattiva. Allora, se non si risolve la questione della nettezza urbana e dell’arredo, se non si procede a completare un Piano della costa che possa dotare la città di uno strumento attraverso il quale rendere ricettive e presentabili ai turisti le nostre spiagge, tutto sarà derubricabile ad un mero “sogno di mezza estate”, così come già avvenuto per gli effimeri successi della Valigia delle indie, o dei traffici passeggeri con la Grecia e la Turchia.

Con un aeroporto in grande ascesa contermine al porto, situazione non riscontrabile in nessun altro posto d’Italia, Brindisi ha il dovere di giocarsi le sue chance per diventare un hub turistico, un punto di riferimento nel basso Adriatico speculare a Venezia.

Nella nuova AdSP Brindisi dovrà mettere sul tavolo tutte le peculiarità del suo porto, che sono di gran lunga superiori a quelle del porto barese: per fondali (14 m Brindisi, 9 m Bari), per movimentazione di merci e rinfuse (10,4 mln di tonnellate Brindisi, 4,2 Bari), per spazi retroportuali da adibire alla logistica, per posizione privilegiata verso la Grecia e la Turchia, Brindisi deve finalmente riappropriarsi di ciò che le spetta per storia e per superiorità strutturale.

L’allargamento dell’autostrada Salonicco-Igoumenitsa ed il raddoppio della stazione marittima di quest’ultima, forniscono un assist a Brindisi per diventare un interlocutore privilegiato con il porto greco nel traffico di tir e passeggeri; in questo senso vanno interpretati i progetti “Interreg” presentati in partnership proprio con tale porto, il cui Presidente è venuto in visita alcuni mesi fa per gettare le basi per una redditizia collaborazione.

Quanto appena descritto, insieme agli ecobonus; ai lavori previsti per migliorare l’intermodalità, come ad esempio l’ultimo miglio ferroviario finanziato dai Fesr 2014-2020 ed il raccordo ferroviario tra l’area retro portuale ed il parco merci di Tuturano; al paventato prolungamento fino a Brindisi del corridoio Baltico-Adriatico; ad una retroportualità che offre grandi spazi; allo smantellamento della centrale Edipower ed all’intercettazione dei fondi europei previsti per incentivare la nascita di filiere manifatturiere lì dove vi sono aree industriali dismesse da riutilizzare, rappresentano tutti tasselli che, se messi insieme nella giusta maniera da una classe politica avveduta, permetterebbero alla città di puntare forte sulla logistica, la quale rappresenta un campo a forte impatto occupazionale.

Tra l’altro, in Italia vi sono già fulgidi esempi di riconversione di siti industriali, come ad esempio sta avvenendo per le 13 centrali dismesse da Enel. La stessa società, poi, ha finanziato l’elettrificazione delle banchine di Civitavecchia, e non si capisce per quali ragioni non debba provvedere in egual misura per Brindisi.

Questo scenario, tra l’altro, permetterebbe al porto di Brindisi di incrementare i propri traffici commerciali, e di ambire ad assurgere ad un ruolo di maggior rilievo allorquando, nel 2023, la Commissione Europea andrà a rivalutare i criteri di individuazione dei Porti Core.

Insomma, i treni della storia passano di frequente da questa città, ma siamo talmente intenti a guardarci le scarpe ed a parlarci contro che ci dimentichiamo di salirci sù. Quella che si staglia davanti a noi potrebbe rappresentare per davvero l’ultima chiamata per garantire un futuro migliore ai nostri figli e nipoti. Chissà che qualcuno ascolti per una volta il fischio del treno della storia.

Andrea Pezzuto
Redazione

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