Uccise il padre dopo lite per il telefonino: 28enne condannato a 16 anni. Concessa l’attenuante dell’incapacità di intendere e di volere

BRINDISI – E’ stato condannato a 16 anni di carcere il 28enne Antonio Tafuro che la sera del 4 novembre 2017 uccise il padre a coltellate a seguito di una banale lite in famiglia, nata per la luce del cellulare che il fratello aveva acceso di notte e che pare disturbasse il padre che dormiva nella stanza accanto.

Il litigio era degenerato fino ad arrivare alla coltellata, sferrata all’addome con un coltello da cucina, che causò la morte del 50enne Franco Tafuro, di 50 anni. Fu lo stesso Antonio a tentare di soccorrerlo, chiamando il 118, ma l’intervento dei sanitari si rivelò vano.

La sera stessa si consegnò agli agenti della Squadra Mobile che lo arrestarono con l’accusa di omicidio volontario, aggravato dai futili motivi e dal legame di parentela. In casa, sprovvista di energia elettrica, oltre alla vittima e all’omicida, al momento del delitto c’erano gli altri due fratelli del 28enne e la mamma.

Agli inquirenti aveva dichiarato di essere intervenuto in difesa del fratello più piccolo contro il quale il padre stava inveendo

Il legame del ragazzo, l’avvocato Mauro Masiello, aveva chiesto ed ottenuto dal Gup la perizia psichiatrica al fine di accertare se al momento dell’omicidio Tafuro fosse o meno  capace di intendere e volere oppure se, al contrario, quella capacità fosse compromessa e in che termini.

Al termine del processo con rito abbreviato, il Giudice Tea Verderosa ha dichiarato il 28enne colpevole dell’omicidio del padre, pur concedendogli l’attenuante della incapacità di intendere e di volere. Dovrà scontare 16 anni di custodia cautelare in carcere, i primi 5 dei quali sarà ricoverato presso una residenza per l’esecuzione di misura di sicurezza.

 

Pamela Spinelli
Direttore responsabile

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