Sms per bocciare pdl liste attesa, Amati: “Il danno al reddito di pochi medici non vale più delle file al Cup”

“Se Emiliano ha un consigliere che si chiama Procacci è normale che si metta a procacciare i voti dei consiglieri regionali. È discutibile se questa attività si svolga per assecondare pochissimi medici che temono, peraltro infondatamente, di subire un danno al reddito, mettendo così in secondo piano le file dei cittadini al Cup e tutti i dati statistici in possesso della Regione”. Lo dichiara il consigliere regionale Fabiano Amati, con riferimento a notizie di stampa su un messaggio inviato ai capigruppo di maggioranza per orientare il voto contrario sulla proposta di legge per la riduzione delle liste d’attesa.
“La proposta di legge – prosegue Amati – sta suscitando conflitti e anche qualche colpo basso, perché non si riesce ad accettare l’idea che la legge italiana non consente che i tempi d’attesa dell’attività istituzionale non siano allineati a quelli per l’attività a pagamento. Di qui viene fuori un rumorosissimo arrampicarsi sugli specchi, fatto di circostanze e opinioni prive di ogni nesso con i terribili dati statistici che segnalano questa profonda disuguaglianza nell’accesso dei cittadini alle prestazioni sanitarie”.
“Nel corso di questi mesi – aggiunge – ho messo in risalto, senza mai avere la soddisfazione di una replica pertinente, che i dati pugliesi consegnano una notevole differenza nei tempi d’attesa per prestazioni istituzionali e a pagamento, a parità di prestazioni, personale ed ore di lavoro.
Se la legge dice che tale differenza non può sussistere, è mai possibile non intervenire con un rimedio meramente attuativo? Se la legge dice che bisogna pubblicare su internet tutti i dati analitici delle attività a pagamento, è mai possibile tollerare che alcune aziende lo facciano parzialmente ed altre per niente? Se la legge dice che i tempi d’attesa sono livelli essenziali d’assistenza, è mai possibili che diventino per nulla essenziali al cospetto di un timore di danno economico avanzato da pochissimi medici? Queste sono le domande – conclude il consigliere Amati – su cui sarebbe il caso di procacciare risposte, magari pertinenti ai dati e più accordate alle leggi”.

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