Si discute oggi della riforma portuale di Federico II

BRINDISI – La quinta tappa del tour dei porti federiciani volta a esporre le vicende degli undici scali scelti da Federico II per l’export dei prodotti agroalimentari del Regnum Siciliae, approda a Brindisi grazie alla partnership tra Propeller Club – Port of Brindisi, Comune di Brindisi, Società di Storia Patria per la Puglia – Sezione di Brindisi e C. R. E. St. A. (Centro Ricerche Etnografiche, Storiche, Antropologiche) Puglia di Bari, nell’occasione offerta dalla presentazione del volume, scritto dall’avvocato salernitano Alfonso Mignone “La riforma portuale di Federico II” , Ed. La Nuova Mezzina, Molfetta 2017. Interverranno, dopo l’indirizzo di saluto del dr. Santi Giuffrè, Commissario prefettizio del comune di Brindisi. Giacomo Carito, della Società di Storia Patria per la Puglia, Claudio Masciopinto del C. R. E. St. A. e Alfonso Mignone presidente del Propeller Club – Port of Salerno. Introduce e coordina Donato Caiulo, presidente del Propeller Club – Port of Brindisi.

L’autore, avvocato esperto in diritto marittimo e appassionato di storia, ripercorre le vicende che, nel 1239, portarono all’emanazione di una legislazione di riordino amministrativo di undici porti del Regno di Sicilia considerati strategici per l’export di prodotti agricoli: l’ordinatio novorum portuum.  Il provvedimento pone in evidenza la già straordinaria visione logistica dell’imperatore normanno che dotava i porti di una governance, sottraendoli al controllo feudale. I porti, infatti, venivano statalizzati col ruolo di far cassa per l’Erario con relativo compito affidato a funzionari regi quali i portolani.

Nel volume anche un accenno alla nascita di embrionali forme di defiscalizzazione simili alle odierne Zes per incentivare gli investimenti del ceto mercantile veneziano e genovese nel Regno.

L’antica Brundisium era già porto d’importanza strategica in età romana; l’importanza del sito fu colta dai normanni che vollero la ricostruzione della città, distrutta dai longobardi nel VII secolo. Grazie all’ampliamento dell’arsenale e ai dragaggi voluti da Federico II, divenne il più importante scalo del regno di Sicilia sulla sponda adriatica. Pur non comparendo tra gli scali “export oriented” dell’ordinatio novorum portuum del 1239 fu non casualmente denominato dall’imperatore “Caput terrarum maritimarum Apuliae” divenendo gate per i traffici mercantili con l’Oriente soprattutto dopo l’alleanza politica e commerciale con la repubblica di Venezia. ​

 

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