A cinquant’anni dalla pubblicazione, non si contano le celebrazioni e le rievocazioni dell’universo musicale creato dai Beatles con il loro ottavo album, Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band: della storia di questo lavoro, dell’innovazione musicale che ha rappresentato (e rappresenta), ma anche del foltissimo immaginario iconografico che vi fa da contorno (senza tralasciarne infine il molteplice asse ereditario che arriva, modernissimo ed inattaccato, fino a noi), parla il volume Sgt. Pepper – 50 anni (Hoepli).

pepper

Un libro che attraverso i suoi quattro capitoli si propone di svelare ogni dettaglio del concept album dei quattro ragazzi di Liverpool: il contesto culturale, la controversa genesi del titolo, il desiderio di dare forma ad una narrazione che condensasse l’immaginario dei Beatles risalendo all’infanzia, ai luoghi magici della città, ai suoi cieli di periferia e che fondesse l’idea di un alter ego del gruppo (divenuto per l’occasione una banda militare di età edoardiana) con l’identità data da un nuovo nome – barocco e tenero, familiare quanto l’endiadi «sale e pepe» (storpiati, pare, in Sgt. Pepper) sebbene con lo sguardo puntato oltre l’oceano, dove l’avanguardia musicale prediligeva nomi complessi e astrusi. Oltre quattrocento ore di registrazione per fissare quei suoni che tutt’oggi stupiscono per l’attualità e per il loro inscriversi in un progetto creativo così ampio, eppure maniacalmente dedito alla cura di ogni dettaglio. Sin dalla copertina: in un’atmosfera da luna park, è un tripudio di colori, una scena corale e sovraffollata che riempie la vista con Fred Astaire e gnomi da giardino, Albert Einstein (che riconosciamo dalla chioma) e TV portatili, Oscar Wilde e bambole di pezza. Ogni dettaglio è lì per noi, per suggerirci una possibile lettura dell’opera, per invitarci a prendere parte al gioco del trova-un-senso anche ai più piccoli segni di quel che siamo: in quell’estate del 1967 il gioco è iniziato, così colorato, gioioso, e pure pronto a calarsi senza remore in un caleidoscopico mondo in corsa, e noi giochiamo ancora.

Diana Politano

LASCIA UN COMMENTO