ospedale brindisi

Le cronache di questi mesi hanno riportato all’attenzione dell’opinione pubblica storie di difficoltà di accesso alle cure da parte di alcuni cittadini che si sono rivolti alle strutture del servizio sanitario per lo più attraverso il pronto soccorso. All’inizio dell’anno il nuovo presidente dell’Ordine dei Medici, dott. Arturo Oliva, ha visitato il pronto soccorso dell’Ospedale Perrino ritenuto una “dura trincea” per i medici e gli altri operatori sanitari e ha preannunciato l’apertura di un tavolo tecnico con la ASL e la Procura della Repubblica. Anche le organizzazioni sindacali hanno levato forti proteste per i carichi di lavoro estremamente gravosi soprattutto per gli infermieri a causa del loro ridotto numero, del basso rapporto infermieri/pazienti e della carenza di figure essenziali dell’assistenza come gli operatori socio-sanitari (OSS). A ciò si aggiunge la riduzione dei posti letto disponibili a seguito della chiusura di alcuni ospedali e la mancata apertura di nuovi reparti per cui, secondo alcuni sindacati confederali, il rapporto posti letto per 1000 abitanti sarebbe sceso nella provincia di Brindisi dal 2,7 previsto dal piano ospedaliero regionale al 2,1 reale, comunque inferiori alla media regionale di 3,2.

Si tratta di una situazione provocata da cause molteplici che riemerge periodicamente in occasione di una maggiore richiesta di assistenza da parte della popolazione ma che svela una sostanziale carenza di sanità territoriale dal momento che la maggioranza dei pazienti che si rivolgono al pronto soccorso potrebbe essere curata in contesti extra ospedalieri, ovviamente adeguatamente attrezzati. Si può anche attribuire all’utenza la responsabilità di continuare a rivolgersi inappropriatamente al pronto soccorso per condizioni mediche che non presentano una vera urgenza, ma se il malato non ha una alternativa adeguatamente rapida e se i tempi di attesa per semplici esami continuano ad essere proibitivi tanto da costringere chi può ad andare in ambulatorio privato e chi non può a rinunciare alle cure o a confidare in qualche amicizia più o meno interessata, difficilmente si potrà contare sulla collaborazione dei cittadini.

L’esigenza di tagliare la spesa pubblica, imposta dai Governi nazionali a quelli regionali e da questi pedissequamente soddisfatta, sta rendendo sempre più il servizio pubblico finalizzato a gestire solo i casi urgenti lasciando al privato convenzionato, cioè sempre finanziato dall’erario, la gestione dei casi programmabili. Se questa politica non sarà invertita in direzione di un potenziamento del servizio pubblico attraverso adeguate acquisizioni di uomini e strutture, le emergenze segnalate in questi giorni dalle cronache diventeranno scenari ordinari.

Ma oltre agli indirizzi generali alcune cose possono essere fatte subito. In una recente trasmissione della Rai, Petrolio, andata in onda il 13 gennaio scorso, è stata illustrata l’esperienza della ASL di Modena. In quel contesto, dove i piccoli ospedali sono stati chiusi 20 anni fa, la Regione ha investito 10 milioni per assunzione e la ASL controlla quotidianamente che i tempi di attesa non superino i giorni ammessi dalla legge. Quando i tempi di attesa di una prestazione superano il massimo consentito, viene sospesa la libera professione intramoenia per quella specifica prestazione grazie ad una precisa norma del regolamento regionale dell’Emilia Romagna, assente in quello pugliese. Investimenti, controllo e sospensione della libera professione hanno prodotto a Modena una assistenza accessibile a tutti in tempi ragionevoli.
Un’altra attività che sarebbe necessario svolgere da parte della ASL è rappresentata dal controllo dei registri dei ricoveri per assicurare che i posti letto siano occupati secondo l’ordine di prenotazione e la reale urgenza.

Si tratta di controlli di facile effettuazione che, insieme alla istituzione di ambulatori per i codici bianchi, potrebbero probabilmente portare un sollievo alle richieste dei pazienti, in attesa che la programmazione regionale assicuri alla popolazione brindisina livelli di assistenza pari a quelli delle altre province e che le risorse nazionali destinate alla sanità tornino ai livelli degli anni scorsi e delle attuali esigenze.

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