San Biagio: la ricorrenza del 3 febbraio nel Salento. Arte, religione e storia di una delle tre porte barocche di Lecce

Foto di Maria Concetta Pallara

Il culto di San Biagio è molto sentito in tutta Italia e soprattutto nel Salento ma in pochi conoscono la tradizione e la storia di questa figura religiosa o quella che c’è dietro una delle tre porte che fungevano d’ingresso alla città di Lecce.

Vissuto fra il III e il IV secolo d.C., San Biagio è stato vescovo di Sebaste (Armenia, attuale Sivas in Turchia) al tempo della pax costantiniana.

Fa parte, inoltre, di uno dei quattordici “santi ausiliatori”, vale a dire quei santi che sono invocati per la guarigione di mali particolari: in effetti, il culto vuole che egli sia evocato per la benedizione e guarigione della gola dal momento in cui è stato in grado di salvare miracolosamente un bambino in procinto di soffocamento al quale si era conficcata una lisca di pesce nella gola.

Il rito della benedizione e protezione della gola viene svolto ancora oggi in molte chiese incrociando due candele, benedette il giorno prima, sotto il mento del fedele, recitando la formula:

“Per intercessione di San Biagio, vescovo e martire, ti liberi Dio dal mal di gola e da ogni altro male, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.”

Pur non conoscendo molto della vita di San Biagio, si è a conoscenza per certo della sua persecuzione durante le campagne contro i cristiani condotte sotto l’imperatore Licinio: una volta arrestato per credere fermamente nella sua fede, subì atroci torture, fra cui quella con i pettini di ferro, strumenti dai denti lunghi e affilati utilizzati al tempo per la lavorazione della lana e trasformati in crudeli strumenti di tortura che venivano passati, in questo caso su San Biagio, sulla pelle, squarciando la carne e provocando profonde ferite.

Non cedendo al dolore, egli continuò a pregare rimanendo saldo alla sua fede, rendendo così il suo sacrificio e il suo martirio uno fra i più venerati per esempio di forza e devozione.

La sua commemorazione liturgica cade il giorno del 3 febbraio poiché, secondo la credenza cristiana, la sua morte è avvenuta questo giorno nel 326 d.C: oggi, le sue reliquie sono custodite nella Basilica di Maratea, città della quale ne è santo protettore.

Stando alle tradizioni legate a questa ricorrenza, oltre alla benedizione delle gole precedentemente citata, il Santo è venerato nel Salento particolarmente in comuni come Cursi, San Donato di Lecce e Cavallino, con processioni solenni e l’arrivo di pellegrini che richiedono grazie legate alla salute, appunto per problemi di gola o respirazione.

Oltre che a un forte concetto di comunità e fede religiosa, interviene anche una sentito senso condivisione del cibo e della tradizione: difatti, vengono preparati dolci tipici come i “taralli di San Biagio”, a base di farina olio e vino bianco e in alcune chiese viene distribuito il pane benedetto, spesso caratterizzato da forme particolari. A quest’ultimo, o più specificamente al panettone, è legata un’antica leggenda che narra di una donna che, poco prima di Natale, si reca da un Frate per far benedire un panettone. Dunque, lo lascia lì per poi riprenderlo qualche giorno dopo, più precisamente il 3 febbraio: dispiaciuto per averlo precedentemente già consumato, il Frate si reca a riprendere il contenitore vuoto per restituirlo alla donna, scoprendo con gran sorpresa che ci fosse, miracolosamente, un panettone all’interno, grande due volte quello che gli era stato dato.

Dato il miracolo avvenuto proprio il giorno di San Biagio, secondo la tradizione, è usanza quella di consumare un panettone.

In onore di San Biagio è anche eretta la porta di accesso orientale alla città storica di Lecce, così chiamata per via di un’adiacente cappella medievale devota anch’essa allo stesso Santo e crollata nel 1840.

La porta barocca, bellissima ed imponente per i suoi oltre 17 metri di altezza, è la ricostruzione di una porta cinquecentesca andata in rovina e ricostruita dall’architetto Emanuele Manieri nel 1774 per volontà di Tommaso Ruffo, Governatore di Terra d’Otranto.

La facciata e l’architettura stessa sono identiche a quelle di Porta Napoli, con colonne doriche e due stemmi visibili, quello dell’imperatore Ferdinando IV di Borbone e quello civico della città di Lecce, ovvero la Lupa sotto il leccio.

Al centro, vi è la statua di San Biagio in abiti vescovili e in posizione benedicente a completare l’ornamento della porta.

Aurora Lezzi

CONDIVIDI

1 COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO