Paolo Stasi: non doveva essere un omicidio, ma una ‘punizione’ esemplare

Paolo Stasi

Paolo Stasi, il 19enne di Francavilla Fontana ammazzato con due colpi di pistola sotto l’uscio di casa, non doveva essere ucciso. A distanza di poco più di un mese da quel delitto avvenuto il 9 novembre scorso, iniziano a delinearsi i contorni del quadro in cui è maturato quello che, nelle intenzioni reali, non doveva essere un omicidio, ma una ‘punizione’ esemplare. In questa vicenda – in cui lo spaccio di droga rappresenta il punto fermo – ci sono due indagati: un 19enne amico di Paolo, l’unico peraltro a frequentare la sua casa, ed un 17enne.  E poi ci sarebbe un mandante, forse due. Chi ha mandato sotto casa di Paolo il presunto assassino, voleva che lo riempisse di botte, non che lo ammazzasse. Una sorta di lezione che potesse essere di monito al ragazzo, ma anche – o, forse, soprattutto – a qualcuno che Paolo cercava di proteggere. Qualcosa, però, è andato storto. Lo dimostrerebbe un’indiscrezione secondo cui, la settimana scorsa, in un bar del paese, ci sarebbe stata una lite tra due capi dello spaccio di Francavilla Fontana, in cui uno contestava all’altro di aver esagerato con la punizione inflitta a Paolo. Il giovane, che da tutti viene definito un bravo ragazzo, avrebbe pagato con la vita un errore che non avrebbe neppure compiuto lui direttamente. Si vocifera di un debito di droga che ammonterebbe tra le 4 e le 5mila euro. Ma Paolo, a quanto pare, non assumeva sostanze stupefacenti. Ma c’è un’altra indiscrezione: non sarebbe vero, come è stato detto, che le telecamere di via Occhibianchi non hanno immortalato il momento del delitto. E’ evidente, a questo punto, che il riserbo strettissimo con cui stanno operando gli inquirenti può significare solo una cosa: l’obiettivo non è solo trovare riscontri sui due indagati – tanto che non è stata ancora emessa alcuna ordinanza restrittiva – ma puntare a qualcuno di più ‘in alto’ che potrebbe aver tirato le fila dell’intera vicenda.

CONDIVIDI

1 COMMENTO

  1. Se tutto cio’ fosse vero, è opportuno divulgare queste notizie per dar la possibilità al “qualcuno di piu’ in alto” di sistemare le cose al meglio? ossia, se gli inquirenti lavorano in strettissimo riserbo, ha la stampa il diritto di rovinare ore ed ore di indagini pur di scrivere un articolo?

LASCIA UN COMMENTO