BRINDISI – Secondo gli ultimi sondaggi, il Movimento 5 Stelle sfonda prepotentemente al Sud, soprattutto tra i giovani. Un dato fisiologico, frutto della frustrazione che vive l’esercito dei ragazzi parcheggiati ai margini della società: un esercito creato dai partiti tradizionali che hanno governato negli ultimi lustri e destinato ad ingrossarsi sempre più, almeno fino a quando chi governerà non adotterà politiche scevre da calcoli elettoralistici (che in quanto tali tendono a privilegiare gli anziani, quota numericamente preponderante nel Paese).
Il M5S, per ovvie ragioni, non ha colpe rispetto alla condizione alienante in cui versano i giovani del sud, e per giunta ha furbescamente deciso di eleggere come proprio leader un ragazzo di 31 anni che rappresenta il distillato dei giovani del sud: disoccupato e scarsamente formato dal sistema educativo-formativo scolastico del Paese. Perché, diciamoci la verità, Di Maio è tutti noi: rappresenta il sogno americano all’italiana, è quell’anello di congiunzione tra il sogno e l’amara realtà, insomma, è colui il quale ci permette di pensare che, nonostante la nostra formazione lacunosa, sia possibile raggiungere qualsiasi risultato. Se non possiamo ambire a raggiungere livelli alti, dunque, tanto vale provare ad abbassare il livello del confronto ed illuderci che la realtà non sia poi così complessa e faticosa da comprendere.
Chi ha seguito la trasmissione “Di Martedì” andata in onda ieri sera si sarà accorto della differenza abissale che intercorre tra Di Maio ed il prof. Monti, ma a noi italiani, ed a noi giovani del sud in particolare, in questo momento non interessa contestualizzare: a noi interessa che qualcuno empatizzi con la nostra insofferenza e sofferenza, e Di Maio è il più potente anestetico che ci sia in circolazione.
Anche perché c’è un problema che spesso viene sottaciuto: noi giovani residenti al sud non siamo competitivi. Porto l’esempio personale, dunque il caso limite di un “capoccione”, che però si trova a condividere la propria situazione con tanti altri coetanei.
Dopo 5 anni di Scientifico al Fermi e 5 anni di Giurisprudenza a Lecce posso sostenere senza tema di smentita di non aver appreso nulla che mi possa tornare utile ai fini lavorativi: di questi 10 anni, infatti, ciò che ho conservato afferisce perlopiù al campo della aneddotica. Oltre al ricordo di strampalati termini come “rapporti sinallagmatici” o di esilaranti aneddoti legati al mio professore di italiano delle superiori (capace di correzioni che farebbero impallidire la celebre maestra che corresse il bambino sul termine “zebbra”), mi è rimasto poco – se non nulla – di spendibile sul mercato del lavoro. Ora, sarà che io sono un capoccione, ma se il sistema ha prodotto così tanti giovani “inutili”, vorrà pur significare che qualcosa non funziona.
Proprio nell’ultima puntata di Presa Diretta si parlava dell’inefficienza tutta italiana nel settore degli appalti pubblici e si confrontava la nostra situazione con quella tedesca. Cosa ne è venuto fuori? E’ emerso che in Germania il cambio di passo si è avuto agli inizi degli anni 2000, quando si è puntato sulla formazione degli amministratori pubblici, addestrandoli già durante il corso di studi alla redazione dei bandi-tipo.
Ora, non voglia suonare come un discorso autocommiserativo, ma non sarà che la situazione attuale è anche figlia di un sistema di formazione che ha prodotto “numeri vacanti” in serie, non attrezzati per leggere la complessità della realtà, per portare idee e contenuti nuovi, e quindi per pensare criticamente ed assertivamente? Ed allora diciamo le cose come stanno: noi giovani del sud, noi reietti, viaggiamo per slogan stereotipati e seguiamo la massa perché siamo stati indotti dal sistema a ricorrere alla semplificazione, perché abbiamo ricevuto in dote strumenti di qualità nettamente inferiore rispetto ai nostri coetanei delle altre Regioni europee, e tutto ciò ci spinge a sbracciare confusamente alla ricerca di un cambiamento, che però sembra inesorabilmente votato al peggio.
Tutto costa fatica, soprattutto quando sopraggiunge lo scoramento, ma solo rifuggendo dalle scorciatoie possiamo sperare in un futuro migliore, o “meno peggio” di quello attuale.
Andrea Pezzuto Redazione |
Completamente in disaccordo. Il più potente anestetico che ci sia in circolazione è il belusconismo, imitato abbastanza dal renzismo. I 5 Stelle si stanno semplicemente misurando con l’impegno giovanile, finalmente, in politica, senza la guida di una struttura alle spalle, come per decenni hanno fatto bene i partiti tradizionali fino agli anni ’90 del secolo scorso. E poi il paragone con Monti: Monti è Monti ora, sicuramente non lo era all’età di Di Maio.