“Naviganti delle tenebre” di Carlo Mazza

Dopo Lupi di fronte al mare e Il cromosoma dell’orchidea, in Naviganti delle tenebre (il nuovo romanzo di Carlo Mazza edito, così come i precedenti, nella Collezione Sabot/age dell’editore E/O) assistiamo al ritorno dello schivo capitano dei carabinieri Bosdaves e ad un’intricata vicenda criminosa che richiederà il suo acume investigativo. Ancora una volta, teatro dell’evento che dà impulso all’intreccio (ovvero la scomparsa di Samira, la donna etiope sopravvissuta alla strage di matrice politica avvenuta venticinque anni prima) è Bari, cui tuttavia il narratore non può che rivolgere uno sguardo reso sempre più amaro e rassegnato dal dover constatare che «il malaffare aveva invaso la città come una silente scia d’acqua che, insinuandosi giorno dopo giorno nelle falle di una diga, aveva finito per allagare la valle».

Una città in cui finiscono drammaticamente per intrecciarsi le esistenze cupe e violente di esponenti della criminalità locale, di faccendieri senza scrupoli col sogno di fuggire via, dei numerosi migranti che affollano le vie della città e i mercati mossi dal desiderio che la parola futuro possa voler significare dignità, lavoro e legami familiari con cui riscoprire cosa sia la serenità. I capitoli si inseguono veloci e, come lampi brevissimi, rischiarano via via il buio che sembra avvolgere ogni cosa e tutti i personaggi. Che si tratti di un attentato xenofobo che allunga tristemente la sua ombra fino al presente, o di un’indagine che faticosamente procede sui binari della reticenza e delle omissioni, del ricordo atroce di una traversata in mare in cui alle tenebre riesce di stritolare ogni umanità residua o, ancora, della truce sanguinarietà di un capoclan, la navigazione attraverso l’oscurità –  del mondo e dell’anima – si rivela difficile, così come difficile e crudele è la vita con tutte le sue storture. Il romanzo di Mazza, d’altronde, non vuole fornire facili soluzioni ma, piuttosto, renderci parte della complessità, delle variegate forme dell’essere con le luminarie in onore di San Nicola a fare da sfondo, mentre la promessa di una futura felicità appare forse ancora tangibile.

Diana A. Politano

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