Moore ne gioca bene una su 5, come l’anno scorso. Senza l’asse play-pivot diventa impossibile…

BRINDISI – La squadra non aveva un leader e continua a non averlo: dopo la gara interna contro Bologna si pensava potesse assurgere a ricoprire quel ruolo il figliol prodigo Nic Moore, ma dopo 5 partite si può affermare che ci eravamo illusi. La scorsa stagione il play americano ha rischiato più volte il taglio e non è quasi mai risultato decisivo negli ultimi minuti di gioco, soprattutto in trasferta; quest’anno è stato tagliato dal Nanterre e si è presentato a Brindisi con una sola partita giocata bene sulle cinque disputate. Tale digressione è utile non certo per sostenere che i problemi della squadra dipendano esclusivamente da Moore (magari fosse così!), ma semplicemente per evidenziare come ad una squadra senza un leader e piena zeppa di giocatori con problemi di personalità, si è andato ad aggiungere un giocatore indiscutibile dal punto di vista tecnico ma piuttosto discutibile dal punto di vista emotivo, e se questo giocatore è il play titolare, i problemi diventano doppi. Ed i problemi diventano il triplo se l’unico pivot a disposizione non sa ricoprire quel ruolo; e diventano il quadruplo se l’unica guardia credibile dell’intero roster è un ragazzino di appena 20 anni. Purtroppo anche Giuri, dopo un inizio di stagione strepitoso, sta attraversando un periodo che più buio non si può, e considerando che: su Suggs e Tepic si può fare affidamento, ma non si sa quando; Cardillo, come giustamente osservato da coach Vitucci, è un gregario da centellinare; Oleka va anche lui centellinato, così come Smith (non ancora in condizione) e Donzelli (sicuri che sia il caso di tenerlo per tutta la durata del contratto?), ecco allora che il coach rischia di ritrovarsi tra le mani il classico cerino.

Detto ciò, va sottolineato come la squadra disponga comunque delle risorse necessarie per raggiungere la salvezza, e l’avvento di Vitucci pare già aver prodotto effetti benefici sulla qualità del gioco e sulla prestazione di alcuni giocatori. A Capo d’Orlando, infatti, si è visto un Tepic molto più propositivo ed aggressivo mentalmente; si sono eseguiti di più e meglio i giochi offensivi, con una migliore distribuzione del gioco “dentro-fuori” che ha valorizzato le caratteristiche di alcuni atleti, finanche di Oleka; si è notata una continuità di rendimento nell’arco della gara, senza incappare nei soliti up and down (fatta eccezione ovviamente per gli ultimi pessimi minuti, che hanno permesso ai siciliani di recuperare e di vincere la partita); si è vista infine una difesa a uomo adottata per 40 minuti, la quale, per larghi tratti dell’incontro, ha messo in difficoltà gli avversari.

Le basi su cui lavorare dunque non mancano, ma non c’è dubbio che il compito più arduo che attende Vitucci sarà quello di instillare nella testa di ognuno dei suoi giocatori una mentalità vincente che, in questo momento, sembra non appartenere a nessuno di loro.

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