MESTIERI E PROFESSIONI AL FEMMINILE E’ ORA DI DECIDERE UNA VOLTA PER TUTTE! – di Gabriele D’Amelj Melodia

La questione di come volgere al femminile i vocaboli che stanno ad indicare mestieri e professioni è sempre controversa, e non ci sono dotte pronunce della “Crusca” che risolvano definitivamente il problema. E’Infatti “Il signor uso” di manzoniana memoria che dovrebbe sancire, una volta per tutte, il modo di definire arti, mestieri e professioni al femminile. Ma se anche l’uso non è uniforme perché ci sono varie scuole di pensiero e di abiti mentali, allora siamo in guai linguistici dai quali non se ne esce se non si accetta un indirizzo convenzionale comune. Grande è la confusione sotto il cielo ma, sta volta, la situazione non è eccellente. Stamane, 21 aprile, il legale della ragazza parte offesa nel caso Grillo, Giulia Bongiorno, veniva chiamata “Avvocato” dall’agenzia Adkronos e da altre testate online, “Avvocata” da un articolo di pag.4 su “La Repubblica”, e infine “Avvocatessa” dall’antiquato Enrico Mentana su fb. Questa Babele deve finire. Io propongo di tagliare la testa al toro e di fissare nel femminile “a”, singolare/ “e”, plurale tutti i nomi di qualsiasi attività lavorativa, quelli che i tecnici della lingua definiscono “Nomi na agentis”. Solo così la finiremo di menar il can per l’aia per questa disputa che ricorda un po’ quella sul sesso degli angeli e potremo passare a discutere di cose ben più serie. E non preoccupiamoci se certi termini “suonano male”, è solo una faccenda d’abitudine, anche l’orecchio vuole la sua parte, col tempo tutto ci apparirà normale. Basta polemiche,quindi,e viva la rettora, la medica, la colonnella, la capitana e l’appuntata; ben venga la muratora e la falegnama, la questora e la prefetta, la dottora e la tornatora; porteremo l’auto dalla carrozziera e dalla meccanica, andremo al colloquio con l’educatora e la maestra (anche di pianoforte, sì!), assisteremo a partite di calcio dirette da un’arbitra in cui, magari, nostra figlia gioca terzina; a sera potremo andare a teatro a vedere un “Nabucco” diretto dalla “Maestra”WZ, “direttora” d’orchestra, stessa qualifica che io attribuisco alla mia capa dottora Pamela Spinelli, e se quest’ultima non vede niente di ironico in tale termine, non vedo perché lo debba vedere la Beatrice Venezi che si ostina cocciutamente a definirsi “Direttore d’orchestra”. Insomma, giriamo pagina, ce la possiamo fare benissimo con la farina del nostro sacco, senza aspettare che la “Crusca” ci caschi dal cielo…
Gabriele D’Amelj Melodia

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3 COMMENTI

  1. Bene tutto quello che dici, caro Gabriele. Però, giusto per invocare quella parità dei diritti tra i due sessi, giustizia vuole che il farmacista venga chiamato farmacisto e così vale per il geoletra che diventa geometro e così via. Non ti pare?

  2. E certo. Il piloto dell’aereo, l’autismo della corriera, il Papo di Roma e pure in vernacolo poi bisogna aggiustare, vedi ad esempio la canigghia ti lu ranu in canigghio, e la farina tu gruessu in farina ti la grossa.

  3. E con “il soprano” ,come la mettiamo? È vero che ormai tutti dicono “la soprano” invece di “il soorano”, ma soprano, anche se è stato poi usurpato dalle donne, è nato come nome che designava uomini, anche se a volte castrati, che cantavano appunto con la voce di soprano (Farinelli docet!). Ora per essere coerenti fino in fondo non bisogna più dire “il soprano” o ” la soprano” ma occorre dire “la soprana”.

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