Ci sono libri che sembrano fatti apposta per finire tra le nostre cose e tornare ciclicamente a sollecitare la nostra curiosità: di recente ripubblicazione per Laterza, è arrivato in libreria il volumetto L’ignoto ignoto. Le librerie e il piacere di non trovare quello che cercavi di Mark Forsyth.

ignoto

Il giornalista e blogger londinese, studioso di etimologia, avvince il lettore fin dall’oscuro gioco del titolo con l’anafora di «ignoto», e poi ancora con l’azzardo del sottotitolo, dal quale parrebbe dedursi che il vero piacere del frequentare le librerie risieda non tanto nel trovarvi soddisfatte le aspirazioni d’acquisto che ce ne hanno fatto varcare l’ingresso, quanto nel privilegio di poterle lasciare inesaudite, sentendoci attirati piuttosto verso oggetti nuovi, fino a quel momento ignoti. D’altronde se «ogni storia d’amore che si rispetti inizia con due amanti che non hanno alcun interesse l’uno per l’altro» (basti qui rammentare che Romeo all’inizio della tragedia non aveva occhi e cuore che per Rosalina), alla stessa maniera sarà forse il libro scoperto per puro caso in fondo alla libreria ad innescare in noi la fulminea reazione chimica dell’innamoramento e a donarci porzioni di mondo, di giardini, di canzoni, di segni che ci erano necessari, seppur ancora sconosciuti. E dunque un giro in libreria si fa metafora di cosa possa  magari significare «esistere»: essere liberi da ciò che sappiamo di volere, lontani dai sentieri già battuti, e piuttosto disposti a quello che ancora non sappiamo di ignorare. Senza saperlo – che sia un volume in fondo alla libreria, una piazzetta soleggiata in un angolo remoto della città o la fotografia ancora da scattare –, c’è tanto da scoprire ed è incantevole tenere la mente e gli occhi aperti.

Diana A. Politano




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