Legambiente sul Polo Energetico Brindisino: il futuro tra spinte del mercato e pronunciamenti giudiziari

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BRINDISI – Legambiente ha avuto sempre la questione energetica al centro delle sue analisi e dei suoi interventi ed a Brindisi il Circolo Legambiente è nato nel 1982 sull’onda dell’occupazione delle terre su cui era programmata la realizzazione della centrale termoelettrica a carbone di Cerano.

Alla sua costituzione diede un forte impulso il comitato per la difesa dell’ambiente in cui emergevano le figure del dottor Di Giulio e dei professori universitari Grosso e Nebbia.

Nel maggio del 1984 a Brindisi si svolse, organizzata da Legambiente, il primo Congresso Internazionale in Italia sull’impatto ambientale delle centrali termoelettriche a carbone (ben prima quindi della promulgazione nel 1985 della Direttiva Europea sulla VIA).

Nel maggio del 1986 a Cerano si svolse una delle partecipatissime manifestazioni contro l’insediamento della centrale a carbone con la presenza di circa 10.000 persone.

Nel congresso internazionale fu oggetto di relazione la centrale americana di Tampa, in cui erano presenti i filtri a manica e tecnologie per il contenimento delle emissioni inquinanti che soltanto oggi, ben più di 30 anni dopo, l’Enel ha adottato a Cerano.

Nel 1995 il dottor Antonio Di Giulio analizzò e rese pubblici i dati epidemiologici che testimoniavano, sin da allora, la preoccupante situazione sanitaria nel territorio di Brindisi, con primario riferimento ai tumori del polmone. Ciò, oltre ad anticipare i dati attuali, costituì una grossa spinta per la definizione della convenzione stipulata nel 1996 e per il suo inserimento nel piano di risanamento dell’area ad elevato rischio di crisi ambientale di Brindisi, tramutato in DPR nell’aprile del 1998.

È grave che non abbiano trovato realizzazione, pur se finanziabili, i progetti di Priorità 1 nel Piano e fra essi il Piano di monitoraggio ambientale globale, il Registro tumori, l’Osservatorio Epidemiologico permanente e le indagini epidemiologiche sui lavoratori e sui cittadini a particolare rischio.

Oggi, 20 anni dopo, tutti i dati disponibili delineano un quadro di riferimento, ambientale e sanitario di grave sofferenza; le correlazioni fra esposizione ad elementi inquinanti o contaminanti e danni ambientali e sanitari vengono confermate dalle allarmanti notizie scientifiche e statistiche internazionali (si pensi all’indicazione del preoccupante valore di 400 ppm – parti per milione – di CO2 quale concentrazione media globale) e la recente sentenza del Tribunale di Brindisi, che ha portato alla condanna di due manager dell’Enel ed al risarcimento dei danni ad abitanti ed agricoltori nell’area limitrofa alla centrale di Cerano ed al relativo carbono dotto. Tale sentenza ha sancito un rapporto causale fra spandimento di polveri di carbone e danni riconosciuti, da porre come oggetto di un possibile nuovo procedimento penale in attuazione della nuova legislazione sugli eco reati.

Il mercato del carbone è in profonda sofferenza nell’ambito di un sistema energetico in sensibile mutamento, tanto è vero che perfino la Cina, dopo la dissennata costruzione senza regole di centrali termoelettriche a carbone, sta diversificando le fonti di produzioni, incentivando le rinnovabili (oggi si installano in media 2 pale eoliche al giorno)

In Italia circa il 40% dei consumi finali di energia elettrica è coperto dalle fonti rinnovabili (malgrado il taglio degli incentivi statali) e 23.000 Mw di impianti a ciclo combinato, alimentati da metano (più avanzati fra quelli tradizionali) sono fermi o in crisi.

C’è chi parla di ristoro o di equo indennizzo, ma si ha una presenza istituzionale evanescente nel procedimento di revisione dell’A.I.A. per la centrale Enel; si continua a prospettare, a procedimento chiuso per l’approdo del gasdotto TAP, l’assurda alimentazione a gas della centrale di Cerano, invece di affrontare una strategia di uscita dagli impianti termoelettrici prima che sia il mercato a farlo, come è accaduto per la centrale Br nord, impianto per il quale la proposta di Legambiente di realizzare un parco tecnologico dell’energia rinnovabile (P.A.T.E.R.) resta l’unica credibile per costringere Edipower-A2A ad assumersi le sue responsabilità nei confronti dei lavoratori, dello smantellamento e della bonifica dell’esistente e del futuro dell’area.

Se trattativa istituzionale deve aprirsi con Enel, essa deve riguardare la strategia di uscita non dal carbone, bensì dalla produzione dell’impianto di Cerano: gli indicatori di mercato e le indiscrezioni acquisite sul futuro dell’impianto termoelettrico, per non parlare dell’impatto ambientale e sanitario, testimoniano l’urgenza di una simile scelta.

La centrale ha un tempo di vita, anche in ragione della sua collocazione lontana dai carichi (luoghi di consumo), della poco flessibilità e degli alti costi di produzione, sempre più ridotto in un mercato energetico e soprattutto elettrico in evoluzione.

Alle Istituzioni, quindi, Legambiente chiede stringenti proposte che condizionino l’attuale produzione a tutela del territorio e di programmare una strategia di uscita, prima che si affacci, cosa improbabile, un acquirente sul tipo di A2A e che si debba discutere sull’onda dell’emergenza.

Legambiente è pronta a fornire le sue proposte in confronti che intende aprire con le parti interessate.

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