Legambiente interviene su Cerano

BRINDISI – Se davvero “la storia è maestra di vita”, ben vengano filmati e libri che ricostruiscono parti della vita della centrale termoelettrica Brindisi sud a Cerano. Stiamo parlando, però di una lunga e complessa “storia sbagliata” sulla quale intendiamo richiamare l’attenzione nelle prossime settimane per trarne utile insegnamento e le riflessioni necessarie per il futuro di Cerano. In questa sede mi limito ad offrire spunti di riflessione su fatti e protagonisti di questa storia. Si deve a Giorgio Nebbia, uno dei massimi ecologi italiani il merito di aver fatto comprendere che gli impianti alimentati a carbone meritavano ben maggiore attenzione all’interno del mondo scientifico e del movimento ambientalista. Con il professor Nebbia, con il professor Grosso ed il dottor Di Giulio nel 1981 costituii il “Comitato per difesa ambientale” primo organismo di opposizione, assieme al movimento guidato da Bobo Aprile contro la realizzazione di una centrale di 2640 Mw nella splendida zona fra il bosco di Cerano-Tramazzone e il parco delle “Saline di punta della Contessa”. Capimmo subito che dovevamo combinare un alto livello scientifico e la capacità di fare rete per dare forza alla nostra azione. Seguirono l’occupazione delle terre, l’assistenza legale, offerta ai proprietari ed ai conduttori dei terreni (ricorderemo i contenuti della compravendita delle terre), lo studio sulla documentazione tecnica nebulosa presentata (studio geologico degli anni ’60, assenza totale di studio di impatto ambientale, etc.) e sui dati forniti dalle emissioni della centrale Brindisi nord (grazie all’apporto del dottor Sturani, direttore dell’ Istituto Prov.le di Igiene e Profilassi). Sopratutto si costruì la rete con altre associazioni, con gli Ordini dei medici del Salento e con il mondo cattolico, sulla spinta degli Arcivescovi Todisco e Motolese. Si produssero vari documenti e si organizzarono momenti scientifici di primaria importanza (primo congresso internazionale in Italia sull’ mpatto ambientale delle centrali a carbone del maggio 1984) e si ottennero risultati concreti quali l’avvio di commissioni scientifiche ed una discussione finalmente approfondita a livello politico, dopo l’incredibile firma di una pseudo convenzione con il presidente dell’ENEL Corvellini in una “baracca”. L’estenzione del movimento in tutto il Salento (Comitato salentino contro le mega centrali), la partecipazione diffusa ad iniziative e manifestazioni (10.000 persone a Cerano il 10 Maggio 1986) e le allarmanti considerazioni dei componenti dei comitati scientifici non fermarono le scelte istituzionali. Nel libro “Perchè la Puglia non è la California” colui che è stato ad dell’ ENEL, Franco Tatò ha scritto che dietro la costruzione della centrale c’è stato “un colossale mercato di scambi e favori”. Di questo “mercato” si è occupato anche il pool di “Mani Pulite”, anche sulla base di un esposto presentato da Legambente alla “commissione antimafia” del Parlamento italiano (su questi argomenti, come sugli altri accennati torneremo nell’ inizitiva di approfondimento). L’inquinamento
dell’ ambiente e delle coscienze fu ampiamente documentato anche in dossier che sono stati alla base del piani di risanamento per l’ area ad elevato rischio di crisi ambientale di Brindisi (D.P.C.M. dell’Aprile del 1998). Si deve innanzitutto a Lorenzo Maggi, Sindaco per pochi mesi di Brindisi la convenzione del 1996 (racconteremo nell’iniziativa di approfondimento il lungo lavoro di preparazione e perché l’ENEL firmò l’atto a condizione che fosse revocata l’ ordinanza del sindaco precedente Arina di blocco di tutti i lavori nel cantiere di Cerano). La vergognosa violazione della convenzione, l’assurda combustione di orimulsion e la permanenza in attività di due gruppi della centrale Brindisi nord fanno parte del “mercato” di scambi e favori ed hanno visto scendere in campo nuovi movimenti , quali “No al carbone”, slogan utilizzato già in manifestazioni degli anni ’80 ed in striscioni di Legambiente. Sono ben conosciuti gli studi epidemiologici, i cui esiti stridono ancora di più alla luce dei dati sulle emissioni, in primoluogo di CO2 (tragico il primato in Europa nel 2006). Siamo giunti alla chiusura della centrale termoelettrica Brindisi sud, perché le condizioni di mercato hanno dimostrato l’insostenibilità dell’esercizio dell’impianto ed è sempre il mercato che ha portato i livelli di produzione della centrale Brindisi sud al di sotto della metà della sua potenza nominale. È dal 1981 che evidenziamo la follia di costruire impianti di grande taglia e di vecchia concezione tecnica loani dai carichi-luoghi di effettivo consumo, ma siamo dovuti arrivare ai nostri giorni per vederne gli effetti, dopo tanti anni di forte impatto ambientale e sanitario, di drenaggio di finanziamenti pubblici, di “scambi e favori”. Se davvero “la storia è maestra di vita” prendiamo tutti assieme coscienza di questa “storia sbagliata” e, dato che la Strategia Energetica Nazionale, approvata lo scorso anno durante la precedente legislatura parlamentare, stabilisce l’ uscita dal carbone dal 2025, non lasciamo che sia il mercato a chiudere definitivamente Brindisi sud, ma ricostruiamo la rete tanto importante negli anni ’80 e portiamo ENEL al confronto perché Cerano diventi area di incontro virtuoso , dopo la bonifica a carico di ENEL, di investimenti e di sinergie fra la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali, agronomiche e turistico-culturali e lo sviluppo della ricerca e di insediamenti produttivi innovativi e ad alto valore aggiunto, anche e forse in primo luogo, di Enel Green power. Legambiente aprirà il confronto su questa “storia sbagliata” e su un futuro che la lasci completamente alle spalle ed è per questo che questa nota viene inviata al Ministro per l’Ambiente, al Presidente della Regione Puglia ed al Sindaco di Brindisi affinché non si ripetano le “tranquille” fughe da Brindisi di grandi imprese (Evc e Dow chemical) e si giunga a definire un Piano di sviluppo sostenibile di un territorio tanto martoriato e che ha visto sempre calpestati i suoi diritti (vedasi i tanti progetti di “Priorità 1”, ammessi a finanziamento, ma non realizzati nel Piano di risanamento).

Dottor Teodoro Marinazzo Consigliere nazionale Legambiente

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