L’ANGOLO DEI LIBRI – “Questo è il piacere” di Mary Gaitskill

Non era ancora capitato, a chi scrive, di leggere un romanzo che affrontasse esplicitamente i temi legati alla tempesta culturale del movimento neofemminista #metoo – articoli, saggi certo; ma non ancora una fiction narrativa mediante la quale assistere alla genesi (e all’inevitabile degenerare) delle dinamiche relazionali quando siano riconducibili ai fenomeni delle molestie o delle violenze. Ed ecco che arriva in libreria, pubblicato da Einaudi, Questo è il piacere di Mary Gaitskill. La scrittrice statunitense si conferma estremamente attenta all’indagine sul limine che corre tra manipolazione e devozione, tra gioco e molestia: già nelle precedenti opere aveva attraversato il tema con storie che finivano per avviluppare i protagonisti in mantelli di dipendenza, fantasie, ossessioni. Qui abbiamo un racconto che procede secondo l’alternanza dei punti di vista di Quin e di Margot, l’accusato e la sua migliore amica: entrambi editor affermati, legati da una lunga amicizia nata, anni prima, nonostante l’approccio molesto tenuto da Quin durante il colloquio di lavoro cui sottoponeva Margot. Mettere una mano tra le gambe di una donna è decisamente oltre ciò che sia lecito aspettarsi da un colloquio di lavoro: un’offesa, una lesione della dignità cui Margot reagisce con un sonoro rifiuto, piazzandogli «un palmo aperto davanti al naso, manco fossi un vigile urbano. Perfino un cavallo, di norma, ubbidisce a una mano davanti al naso», e così Quin. Margot sa bene che Quin supera spesso il limite con le donne con cui ha a che fare: ama provocare, sedurre, disarmare, conquistare con avances appena accennate; riesce a imbarazzare, offendere, sbeffeggiare con condotte penalmente perseguibili. Ora che centinaia di donne si sono pronunciate contro Quin firmando un’accusa per molestie, Margot deve soffermarsi sul senso della vicenda e, in particolare, sul potere che talvolta si decide di attribuire a qualcuno. Quin ha di certo provocato sofferenza in alcune donne, forse non in tutte; se il suo comportamento non ha giustificazione, altrettanto ingiustificabile è il fatto di avergli attribuito il potere di varcare ciò che non andava oltrepassato, lasciando che – in luogo di un secco rifiuto – montasse una cieca furia distruttrice. Margot, senza nulla togliere al dolore sottile che riconosce e che avverte, restituisce il ritratto di un uomo che le donne sa anche amarle, capirle, celebrarle. Lei stessa ha trovato in Quin una sponda – «per giorni e settimane e mesi, mi aiutò a sentirmi parte dell’umanità, e non solo grazie alla sua gentilezza; a risollevarmi il morale sono state le sue scemenze, il suo senso dell’umorismo, le sue sconcezze». Difficile resta, come in tutte le cose umane, operare classificazioni nette, lì dove abbiamo solo vite troppo complicate per chiunque.

Diana A. Politano

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